Omicidio Fiorentino, le indagini si spostano in Comune

L’attenzione sull’assistenza dei servizi. I carabinieri puntano a chiarire come mai i due senza tetto si siano trovati soli e in condizioni disperate a dividere un alloggio abusivo

I carabinieri

I carabinieri

Carrara, 19 gennaio 2022 -  Paolo Fiorentino, oggi nel suo Abruzzo l’ultimo saluto al 46enne ucciso a coltellate lo scorso giovedì all’interno di un appartamento occupato nell’ex campo profughi. Nel frattempo le indagini si allargano anche alle settimane antecedenti il delitto, nel mirino degli inquirenti la rete dell’assistenza. Presto i carabinieri al comando del maggiore Cristiano Marella potrebbero sentire anche i servizi sociali del Comune per approfondire i trascorsi tanto della vittima che del suo presunto assassino, Francesco Di Blasi, e capire come mai si siano trovati soli e in condizioni disperate a dividere un alloggio abusivo.

Intanto nel paese di Casoli, in provincia di Chieti, stamani alle 10 si celebreranno le esequie e così amici e parenti potranno stringersi fisicamente attorno al padre Giuseppe, alla sorella Cinzia e alla nipotina Francesca che da quasi una settimana sono straziati dal dolore. Fiorentino da quelle colline se ne era andato ormai da anni e dopo aver lasciato un posto di lavoro nella comunità montana aveva iniziato un lungo peregrinare per la penisola. La vita che questo ragazzone si era scelto era dura e difficile, sempre ai margini della società e fatta di espedienti e di lavoretti saltuari per tirare avanti, ma non aveva comunque mai scalpito il cuore d’oro che Paolo si portava dietro fin dalla nascita. A Marina era arrivato ormai da diversi mesi ed era già riuscito a costruirsi una rete di solidarietà fatta di persone che avevano iniziato a volergli bene. La scorsa estate Fiorentino l’ha passata a dormire soprattutto nella pineta all’angolo tra viale Colombo e viale Galilei, prima su una panchina e poi in una tenda a pochi metri da quelle giostrine che spesso contribuiva ad aprire e chiudere in cambio solo di un sorriso.

Da alcune settimane, poi, Paolo era riuscito a trovare quattro mura e un tetto per difendersi dal freddo e dalla pioggia, aveva sfondato una porta dell’ex campo profughi e, nonostante il Comune gli avesse già comunicato un prossimo sgombero, lui quella sistemazione di fortuna aveva cominciato a chiamarla casa. Una parvenza di normalità che Fiorentino aveva presto deciso di condividere con chi, come lui, si arrangiava in mezzo alla strada: Francesco Di Blasi. Quest’ultimo da dopo la chiusura del parcheggio per roulotte gestito dalla San Vincenzo de Paoli in via delle Pinete si era stabilito nei vecchi bagni della Caravella, ma quella sistemazione lo aveva portato all’esasperazione: troppo rumore la notte a causa del vociare dei ragazzi della movida e poi troppo freddo nelle ossa e troppa acqua sulla testa.

"Bisogna proprio che torni in prigione in modo da avere un pasto assicurato" avrebbe addirittura confessato Di Blasi ad alcuni volontari che lo assistevano, una frase che ben raccontava tutta la propria stanchezza per la vita in strada. A tendergli una mano, in questo caso, non è stata però qualche associazione caritatevole o il Comune, bensì proprio Paolo Fiorentino che lo ha invitato a dividere con lui l’alloggio dove giovedì scorso si è consumato il delitto. Proprio su tutti i passaggi che hanno portato a questa convivenza e cosa possa non aver funzionato nella rete assistenziale saranno ora messi sotto la lente d’ingrandimento dei carabinieri che sperano così di portare alla luce elementi utili alle indagini.