Allarme marmettola "A rischio le sorgenti" Speleologi denunciano anche pericoli idraulici

Una relazione della Federazione Toscana alla commissione ambiente dopo sopralluoghi e verifiche sull’attività svolta in Apuane lo scorso anno. L’incremento di deposito nel sottosuolo segnalato ai carabinieri forestali.

Allarme marmettola  "A rischio le sorgenti"  Speleologi denunciano  anche pericoli idraulici

Allarme marmettola "A rischio le sorgenti" Speleologi denunciano anche pericoli idraulici

di Francesco Scolaro

La marmettola sta mettendo in pericolo la salute delle Alpi Apuane, di grotte, cavità carsiche e sorgenti di acqua potabile. L’allarme stavolta è firmato dalla Federazione speleologica Toscana, in una lunga relazione di Nadia Ricci per la Commissione ambiente sull’attività effettuata nel 2022. La marmettola, riportano gli speleologi, "si infiltra facilmente con le acque meteoriche e di ruscellamento nel sottosuolo e che è quindi in grado di disperdersi negli acquiferi sottostanti. Questa situazione è particolarmente critica in questo tipo di ambiente a causa dell’assenza di ritenzione degli inquinanti nelle zone insature e per l’alta conduttività idraulica delle porzioni sature dell’acquifero. I depositi fini e la marmettola sono, per questo motivo, facilmente mobilizzati dalle acque piovane e dispersi nel sistema carsico sotterraneo".

Gli effetti vanno addirittura oltre quella che è la principale e logica conseguenza, ossia il "deterioramento della qualità dell’acqua destinata al consumo umano" anche se "non sono ancora noti nel dettaglio e sono oggetto di studi negli ultimi anni". "È plausibile – scrivono nella relazione – aspettarsi che nel tempo la marmettola abbia potenzialmente ridotto la porosità secondaria degli ammassi rocciosi ed occluso parte dei condotti carsici, cambiando l’idrodinamica degli acquiferi e modificando e riducendo la loro capacità di immagazzinare acque".

Dalla montagna a valle il rischio si propaga perché se la marmettola tappa e sigilla le vene l’acqua trova altre strade: "L’occlusione dei condotti può inoltre incrementare il rischio idraulico a valle di sorgenti e risorgenti a causa di repentine rimozioni del sedimento che concorrono ad incrementare in modo improvviso le portate torrentizie". Senza dimenticare le conseguenze sull’habitat dei fiumi perché la marmettola "tende ad occludere le microfessure popolate dalla fauna troglobia, crea dei depositi con forma e granulometria ostili agli organismi che vivono nei sedimenti naturali, impermeabilizza il letto dei collettori ipogei ed aumenta la velocità di scorrimento delle acque rendendo impossibile il proliferare della vita". L’acqua utilizzata nell’escavazione e che si disperde sul piano di cava, sottolineano gli speleologi, "anche se regimata a dovere, viene in parte assorbita dalla roccia fessurata e finisce nel sottosuolo portando con sé tutte le polveri prodotte dai tagli".

E quelle polveri sottili ormai si trovano in tantissimi anfratti carsici, come hanno rilevato a più riprese i gruppi speleo della Federazione durante verifiche, sopralluoghi e controlli, alcuni anche in collaborazione con Carabinieri Forestali, che hanno portato poi a indagini a carico delle attività estrattive. Nel 2022 in particolare i controlli hanno riguardato la zona lucchese. Durante la prova di tracciamento delle acque dell’Abisso Tripitaka, ad opera della Commissione scientifica federale, "è stata rilevata la presenza di una cospicua quantità di marmettola alla base del P52: già notata durante frequentazioni precedenti, in quell’occasione i volontari si sono resi conto dell’incremento del deposito e lo hanno documentato". E la documentazione è stata inviata a Carabinieri Forestale, Parco Apuane, Regione e Arpat.

I fenomeni carsici sono così estesi, le fratturazioni così tante, che è quasi impossibile tracciare tutti i collegamenti, una "rete di condotte che smaltiscono le acque d’infiltrazione convogliandole rapidamente verso le sorgenti", così che "gran parte degli acquiferi apuani sono costituiti, nella porzione più superficiale, da un network di fratture che, assieme ad un carsismo diffuso, conferiscono all’ammasso roccioso un coefficiente di infiltrazione che può raggiungere il 75% delle precipitazioni".