
Il dottor Alessandro Ghelardi fa parte dell’equipe chirurgica che si occupa di oncologia ginecologica
Massa, 15 novembre 2016 - Parlare di sanità a Massa significa spesso parlare del mega buco o di questa o quella polemica. Ma agli apuani interessa in primis avere bravi medici. Ebbene, anche al Noa c’è chi fa ricerca e lavora «sul campo». Il dottor Alessandro Ghelardi e i suoi colleghi Fernando Guelfi e Cinzia Russo formano l’equipe chirurgica che si occupa di oncologia ginecologica. E’ grazie a loro se ora in sala operatoria per trattare il carcinoma vulvare si pratica una tecnica chirurgica chiamata «linfonodo sentinella». Un modo per eliminare il tumore senza mettere in estrema difficoltà le donne operate. A raccontare il rapporto di collaborazione con l’Università «Bicocca» di Milano, che ha portato il Noa ad essere il primo ospedale in Toscana (e uno dei pochi in Italia) ad seguire questa tecnica è proprio Ghelardi. Che incontra il giornalista all’uscita dalla sala operatoria.
«Il rapporto di collaborazione con la Bicocca e l’ospedale San Gerardo di Monza è nato perchè cercavamo insieme un modo per aiutare le pazienti con tumore alla vulva. In passato questo intervento creava diversi problemi alle donne: la ferita non si chiudeva velocemente, la gamba si gonfiava, c’erano problemi a drenare i liquidi, ecc. Per limitare gli effetti collateriali – spiega Ghelardi – abbiamo fatto uno studio che è stato pubblicato quest’anno da una nota rivista scientifica. A quel punto mi hanno proposto di approfondire con loro a Monza la tecnica del linfonodo sentinella. Questa tecnica permette una minore invasività, gestendo meglio le pazienti difficili, spesso donne con più di 70 anni. Si riducono i giorni di degenza e diminuiscono le complicanze».
Cerchiamo di capirci. Ogni anno al Noa vengono operate di carcinoma vulvare 15/20 donne. In genere hanno almeno settant’anni, vengono a Massa da ogni parte della Toscana ma anche dalla Liguria. Data l’età, sono persone con tempi di ripresa lunghi. L’ospedale di Massa anche in passato aveva medici che riducevano al minimo i tempi di guarigione. Ora, grazie anche alla collaborazione tra l’equipe chirurgica e il reparto di medicina nucleare, si è fatto un passo avanti importante. «Il futuro – spiega Ghelardi – è una chirurgia sempre più a misura del singolo paziente, modulata sullo stadio della malattia ridotta nell’aggressività». Un concetto «medichese» che lo stesso Ghelardi traduce: «E’ bello vedere queste donne che dopo l’operazione tornano velocemente a camminare». A proposito, dopo Massa ora anche a Firenze stanno iniziando ad eseguire questa tecnica chirurgica.