Il Vescovo condanna le lettere anonime

L'omelia per la Santa Croce: "Basta sospetti"

Monsignor Paolo Giulietti

Monsignor Paolo Giulietti

Lucca, 15 settembre 2019 - Omelia insolita quella dell’arcivescovo Paolo Giulietti durante il solenne pontificale per la festa grande di S.Croce ieri mattina in una cattedrale affollata da autorità e da fedeli. Il tema è stato una dura condanna delle mormorazioni che avvelenano la società e anche la vita della chiesa. Ha condannato la cultura del sospetto e il non fidarsi degli altri: «Non mi fido dei politici, dei giornalisti, dei migranti addirittura di quelli che sembrano buoni. Se non mi fido faccio le lettere anonime».  Lo spunto per la condanna è offerto dalla stessa liturgia che ha proposto il brano del libro biblico dei Numeri in cui Dio per combattere e salvare gli ebrei nel deserto morsi dai “serpenti brucianti” ordina a Mosè di fare innalzare un serpente di bronzo: chi lo avrebbe guardato si sarebbe salvato.

E nel Vangelo di Giovanni è Gesù stesso che come dice a Nicodemo bisogna che si innalzi sulla Croce per la salvezza di tutti come il serpente innalzato da Mosè. All’inizio monsignor Giulietti ha rilevato l’enigma di Dio che aveva proibito le immagini di uomini e animali ma in questo brano del libro dei Numeri comanda invece di fabbricare un animale: un serpente che salvi dai “serpenti brucianti” che sono la punizione delle mormorazioni. Queste, come ha rilevato Giulietti, non sono semplici lamentele ma insinuazioni sulla volontà di Dio, sfiducia verso di lui, quasi che Dio fosse un ingannatore».   Non cI si fida di Dio, non ci si fida di nessuno. Bisogna invece cercare lo sguardo di Gesù, rivolgersi al suo volto e riconoscere che siamo peccatori per essere salvati, fidarci di Dio e dei nostri simili, è il pensiero di Giulietti.    «Anche nella nostra comunità - ha detto Giulietti - i serpenti brucianti sono in circolazione», mettendo in guardia contro le mormorazioni che serpeggiano nella vita della città e della comunità cristiana. Invece bisogna guardarsi uno con l’altro, confrontarsi anche se siamo diversi riconoscendo nell’altro anche se avversario uno in cui si può avere fiducia. E ha ricordato la luminara come segno di unità, di procedere come un solo popolo. «Bisogna guardarci in faccia anche nella nostra chiesa per trovare insieme qualcosa in comune, papa Francesco ci dà l’esempio”.