Il delitto Romanini: la rabbia della famiglia

Undici anni fa l’imprenditore fu ucciso sotto casa. Lo sfogo della cognata: "Il Comune poteva trovare un lavoro a moglie e figlie"

Migration

Undici anni da quel maledetto giorno in cui Stefano Romanini, imprenditore edile, fu ucciso sotto casa in via Battisti a Camaiore. Stamani sarà ricordato dalla famiglia con una messa, alle 8.30 nella Collegiata: la giustizia intanto ha condannato in Cassazione, come mandante dell’omicidio, il cugino e socio Roberto Romanini che ricorrerà alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e ha chiesto anche la revisione del processo. Ma chi risarcirà il dolore della moglie Giuliana e delle figlie Serena e Stella? Tra l’altro non hanno ancora avuto un euro dei 300.000 a testa riconosciuti dai giudici. Undici anni, ma il profondo dolore non passa e nemmeno i segni del tempo trascorso dalla fatidica mattina della morte. "Nessuna giustizia è fatta - afferma la cognata Simonetta Pellegrini. - Nessun indennizzo per mia sorella e le figlie. Non solo: nessun aiuto dall’amministrazione comunale. Loro hanno perso la casa oltre al marito e padre. Hanno perso tutto". Risuonano ancora le note di ‘Sarà per te‘ nella chiesa, al tempo delle esequie di Stefano, intonate da Stella, ora mamma di una bella bambina, niente annulla la tragedia per le giovanissime figlie distrutte dallo sconforto. Simonetta Pellegrini però non molla, è delusa, amareggiata. "Io e mio marito abbiamo chiesto sempre sostegno per queste donne: bastava un lavoro, non volevamo soldi, loro si sono rimboccate le maniche e noi ci siamo sempre stati".

Abbandonate dalle istituzioni senza sensibilità. Oltre all’uccisione del padre di famiglia, hanno subito l’ingiustizia dell’abbandono, quel gesto umano di ‘far rialzare da terra’ citato da Papa Francesco in tv, guardando dall’alto in basso: Stella ha dedicato in questi anni ogni passo della sua vita al padre, così come la madre e la sorella. E la città non ha mai dimenticato Stefano, che aveva 47 anni quando fu assassinato con nove colpi di pistola da un killer che non fu mai scoperto. Era l’8 febbraio 2011: stava andando a lavoro ed era appena uscito di casa quando Giuliana sentì i colpi di pistola, si affacciò alla finestra scorgendo il killer che scappava. L’immagine del marito a terra, coperto di sangue, il vuoto, l’incredulità non sbiadiscono, anzi. Per l’omicidio fu condannato Roberto Romanini, socio nell’impresa di movimentazioni terra Rb Escavazioni: nel 2021, dopo due gradi di giudizio, è stato respinto il suo ricorso in Cassazione che ne ha confermato l’ergastolo. Il cugino si dichiara da sempre innocente. Ma il motivo formale, unico di cui potersi avvalere in terzo grado di giudizio, non ha ribaltato le sentenze inflitte. E niente ribalterà mai il destino del povero Stefano.

Isabella Piaceri