Il “caso“ di Borgo a Mozzano

Nel 1954, Borgo a Mozzano, comune agricolo italiano, fu scelto per un progetto di rilancio dell'agricoltura. Grazie all'intervento di esperti e all'adozione di nuove tecniche, la produzione aumentò del 40%, trasformando il paese da "depresso" a centro di sviluppo agricolo internazionale.

Aveva poco più di 6.500 ettari di terreno coltivabili, spalmati in sedici frazioni, che rappresentavano circa il 60% dell’intero suo territorio, in cui risiedevano circa 8.000 persone, dedite per oltre il 65% all’agricoltura. Questo era il quadro "vincente" o meglio "particolare" che, nel 1954, fece del comune agricolo di Borgo a Mozzano "un caso" da studiare. La ricostruzione del paese passava attraverso il rilancio anche dell’agricoltura che, prima della guerra, aveva conosciuto ovunque la fuga dei giovani dal duro lavoro nei campi, complice anche la crisi economica, che non garantiva più un reddito minimo con il quale sopravvivere.

Per questo, a livello nazionale, questo fenomeno dovette essere studiato per approntare le giuste misure per un rilancio. E dopo una complessa ricerca, fu scelto proprio il piccolo comune della Media Valle del Serchio, che meglio rappresentava in assoluto il piccolo Comune agricolo italiano medio. Uno su un milione, verrebbe da dire, e già per questo, poteva essere fiero anche se, a far da contraltare, c’era l’appellativo di "comune depresso" o povero che dir si voglia. Borgo a Mozzano, all’epoca, era infatti un paese prevalentemente agricolo dove sussistevano circa 1.300 piccole aziende, ognuna delle quali aveva mediamente un podere di 5 ettari dal quale ricavava raccolti scarni di ortaggi e frumento, dove si allevavano gli animali e dove ogni cosa era praticata o coltivata in maniera estensiva. Fu la Shell Italia a portare avanti questo progetto per il rilancio dell’agricoltura italiana e inviò al Borgo un agronomo di grande fama, il dott. Virone, affiancandolo dal dott. Volpi.

A loro fu dato il compito di studiare l’economia del posto, i modi di fare della gente dei campi e di fornire un’assistenza tecnica completa per favorire un cambio radicale della mentalità contadina. Dovettero passare almeno cinque anni prima che i risultati diventassero tangibili. La produzione aumentò oltre il 40% e il merito fu soprattutto di queste due persone, che seppero vincere la resistenza e la tradizionale diffidenza della gente dei campi, convincendola ad adottare nuovi strumenti e nuove tecniche di coltivazione, per ottenere raccolti più redditizi. In pratica fu fatta a loro una formazione direttamente sul campo: favorendo l’uso dei fertilizzanti per rendere il terreno più produttivo, l’utilizzo di antiparassitari contro le malattie delle piante, la rotazione agraria, l’uso di sementi selezionati, l’introduzione di nuove piante e il ricorso a mangimi per animali più specifici e infine l’uso, in comune, di attrezzatura pesante e costosa come il trattore per lavorare meglio e più velocemente la terra.

Furono cambiamenti che avvennero in maniera progressiva, a mano a mano che i contadini si convincevano che quei "due" avevano ragione. Il paese divenne un caso internazionale per i successi ottenuti, venendo promosso a centro pilota di studio e sviluppo dell’agricoltura italiana con la nascita di un Centro studi agricoli Shell che fino al 1983 promosse, sul posto, tanti corsi di formazione per i migliori studenti agronomi nel mondo. Finalmente, Borgo a Mozzano potè separarsi dall’etichetta di "comune depresso" per iniziare ad essere un comune sviluppato, studiato e invidiato, e a far da traino anch’esso all’economia della nostra provincia.