REDAZIONE LUCCA

Delitto Khrystyna Novak: "Condannate Lupino a trent’anni"

Il pm non chiede l’ergastolo e riconosce alcune attenuanti. L’imputato: "Minacciò che mi avrebbe denunciato"

Trentanni di reclusione. E’ stata la richiesta del pubblico ministero Egidio Celano ai giudici della corte d’assise di Pisa, per Francesco Lupino, il 49enne tatuatore di Orentano, reso confesso dell’omicidio e dell’occultemente del cadavere di Khrystyna Novak, 29 anni, scomparsa da casa il 31 ottobre 2020 e il cui corpo fu trovato 7 mesi dopo in un vecchio casolare, devastato dai roditori. Il suo killer, però, era già stato incastrato. E solo quando in mano agli inquirenti, c’era anche il cadavere, confessò il delitto. La pubblica accusa, all’esito della requisitoria, ha riconosciuto delle attenuanti all’imputato sottolineando, tuttavia, che non possono essere prevalenti rispetto alle aggravanti (la principale, i futili motivi): l’avvenuta confessione del fatto che ha consentito di mettere la parola fine alla vicenda, il riscontro offerto consentendo agli inquirenti della Squadra Mobile di rivenire il bossolo che aveva nascosto, il consenso all’acquisizione del fascicolo d’indagine permettendo un processo rapido, evitando di far sfilare decine di testimoni con dispendio di tempo e di denaro per la macchina della giustizia. Il pm ha sottolineato però anche la personalità di Lupino, i tentativi fatti per sviare le indagini, i cambi di versione di volta in volta offerti.

Uno, anche ieri durante l’esame. Ha spostato la data dell’omicidio al 2 novembre attorno alle 10,30, sottolineando di non aver assunto cocaina e grappa: "mi minacciò che mi avrebbe denunciato", ha detto Lupino indicando in quella frase la ragione della sua reazione. Eppure aveva detto più volte, quando dopo ore confessò la responsabilità dell’omicidio, di aver assunto droga e alcol, e che la cosa che temeva di più è che la compagna venisse a sapere che lui aveva ripreso ad assumere cocaina: "mi avrebbe lasciato".

Ma Lupino "mente, ha mentito anche oggi, quella di Khrystyna è stata un’esecuzione", ha detto l’avvocato Gabriele Dell’Unto, parte civile per il fidanzato della 29enne ballerina, Airam Gonzales. "Khrystyna era il soggetto scomodo rimasto – ha sottolineato il legale –. Quella che sapeva tutto, quello che aveva spinto il fidanzato ad interrompere i traffici illeciti che aveva messo in piedi con Lupino". Khrystyna e Airam si erano conosciuti in un locale di Altopascio pochi mesi prima, e progettavano di sposarsi. "Lupino ci ha mentito anche oggi, invece di venire qui e chiarire perché l’ha uccisa – ha concluso l’avvocato Dell’Unto – entrando in casa all’improvviso, passando dal retro, e uccidendola a sangue freddo. E mente anche quando dice di aver ripulito tutto velocemente e da solo". Lupino invece ha detto: "volevo solo spaventarla, credevo che la pistola fosse scarica".

Ma ha ammesso che quando ha premuto sul grilletto ed ha "sentito duro", non si è fermato. Un colpo solo, mortale. Anche l’avvocato Daica Rometta (Associazione Penelope) è partita dalla personalità violenta di Lupino per sottolineare i futili motivi dell’omicidio. E’ seguita l’arringa dell’avvocato Antonio Bertei, difensore del tatuatore, per evidenziare ai giudici – non essendo in discussione la responsabilità dell’imputato – il contesto di rapporti illeciti legati ad armi e droga che fa da sfondo alla vicenda, e gli elementi che potrebbero mitigare il quadro accusatorio a carico del tatuatore. Si torna in aula il 2 marzo. Repliche e sentenza.

Carlo Baroni