REDAZIONE LA SPEZIA

Spezia, che impresa! L’Inter deve inchinarsi

Gara dalle mille emozioni. Maldini firma il vantaggio. Nel finale decisivi due rigori: prima il pari di Lukaku, poi il gol vittoria di Nzola

Spezia, che impresa! L’Inter deve inchinarsi

SPEZIA

2

INTER

1

Primo tempo 0-0

SPEZIA (4-2-3-1): Dragowski; Amian, Ampadu, Caldara, Nikolaou; Bourabia, Agudelo (66’ Kovalenko); Zurkowsky (46’ Ekdal); Shomurodov (46’ Maldini, 89’ Wisniewski); Gyasi (81’ Ferrer); Nzola. A disposizione: Zoet, Zovko; Sala,Verde, Krollis, Esposito, Giorgeschi, Cipot. All.: Semplici.

INTER (3-5-2): Handanovic; D’Ambrosio (65’ Dzeko), Acerbi, Bastoni; Darmian (80’ Carboni), Barella (65’ Dimarco), Brozovic, Mkhitaryan (65’ Calhanoglu), Gosens (65’ Dumfries); Lukaku, Martinez. A disposizione: Cordaz, Onana; Gagliardini, De Vrij, Bellanova, Asllani, Zanotti. All. S. Inzaghi.

Arbitro: Marinelli di Tivoli; assistenti Mondini e De Meo; IV Baroni VARAVAR: Di Paolo e Abisso.

Marcatori: 55’ Maldini, 83’ Lukaku (rigore), 87’ Nzola (rigore)

Note: angoli 1-14. Ammoniti Gyasi, Caldara, Nikolaou. Recupero: 2’+6’

LA SPEZIA – Un’impresa fantastica, che vale un campionato. Accompagnato da un pubblico monstre, lo Spezia batte per la prima volta nella sua storia l’Inter e mette un mattone fondamentale per la salvezza. Profeta indiscusso di questa trasformazione è Leonardo Semplici, che ai più anziani ricorda un altro toscano eccellente, Nedo Sonetti. La grinta è la stessa, il furore identico a quello di quella grande squadra che sulla fine dei ’70 fece sognare una città. Ma era serie C, qui invece si manda a casa una signora del calcio italiano, con pieno merito, pur nella sofferenza immensa. La partita avrebbe potuto prendere una piega ben diversa quando al minuto 8 l’Inter usufruiva di un discutibilissimo rigore che dalla tribuna pareva non esserci: la scivolata di Caldara è pulita, il pallone finisce in fallo laterale e nessuno protesta. Ma cinque minuti di Var, protagonisti Di Paolo e Abisso, due direttori di gara capaci in passato di torti clamorosi ai danni dello Spezia, consegnano il penalty ai nerazzurri. Per una volta il destino è dalla parte dei più deboli e il Drago è semplicemente spettacoloso su Lautaro Martinez. Da questo momento inizia un’altra partita. L’Inter accusa il colpo e non dimostra in campo una superiorità solo sulla carta imbarazzante. Semplici complica la vita a Inzaghi, con un 4-2-3-1 che dà pochi punti di riferimento e inceppa il solito spartito dell’interista: Gyasi di fatto viene spesso a fare il terzino aggiunto, Shomurodov pencola tra Nzola e Agudelo, con il colombiano che a volte spariglia le carte da par suo. Le occasioni non mancano per i nerazzurri: Drago ribatte su Lautaro e Lukaku manda fuori (20’), Mkhitaryan conclude al volo di poco alto (29’), ma al 32’ Agudelo esalta il Picco con uno slalom in velocità, il suo tiro cross dall’interno dell’area sbatte sulla parte alta della traversa, l’azione sfuma. Lo Spezia acquista campo e inizia a premere, ma una palla banalmente persa sulla trequarti innesca una cavalcata solitaria di 60 metri di Lautaro: Drago è splendido ad alzare sopra la traversa (41’).

Lo Spezia soffre, ma c’è. Leo-Nedo si gioca due cambi nell’intervallo, dentro Maldini, per il suo derby personale. L’Inter attacca da subito a testa bassa, arriva al gol dopo 38’’, ma il fuorigioco di Lautaro è netto. L’assedio interista viene rotto dal più contropiedista degli spezzini, Agudelo: il suo break innesta Nzola, che è imperioso su Bastoni e serve a Maldini una palla che è solo da infilare (56’). Inzaghi è furente e opera quattro cambi simultanei, la pressione si fa massiccia, ma lo Spezia sa immolarsi su ogni pallone. Il pareggio sembra la logica conseguenza, purtroppo arriva con un rigore banalmente causato su Dumfries. Lukaku non sbaglia e l’Inter prova a vincerla.

Ma c’è anche lo Spezia: Dumfries a sua volta compie un fallo inutile quanto netto su Kovalenko. Nzola firma il suo pesantissimo dodicesimo sigillo (87’). Ancora un po’ di sofferenza e di coronarie a rischio, ma alla fine il Picco può esultare per una delle imprese più belle in 117 anni di storia (due più dell’Inter, per dire…).

Mirco Giorgi