Rimossi i pericoli causati dai vivai collassati

Grandi manovre della Capitaneria per il recupero di sette boe fluttuanti e delle catene di acciaio di trattenimento ormai corrose

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La tecnologia in soccorso dell’itticoltura per evitare disastri come quello verificatosi nel 2005, quando, per effetto di una mareggiata, collassò l’impianto posto al largo dell’isola Palmaria. Era flottante sulla superficie dell’acqua. E fu travolto da una libecciata. Cosa che non sarebbe accaduta con i nuovi metodi di gestione delle vasche capaci di scendere e salire a seconda delle necessità operative. Al di là di quello che sarà la nuova localizzazione dell’impianto del Pezzino e del ricorso al top della tecnologia, bruciano nella storia dell’itticoltura spezzina le vicissitudini pregresse connesse al fallimento della società che gestiva l’impianto off shore e, all’epoca, anche quello del Pezzino, poi rilevato dalla Piscicoltura: boe e catene abbandonate in mare nelle immediate vicinanze della Palmaria, al di là del limiti dell’area marina protetta del Parco regionale di Porto Venere. Ci sono voluti 17 anni per liberare lo specchio acqueo dagli oggetti ingombranti e occulti. Al recupero ci ha pensato la Capitaneria di porto. Sette le boe recuperate, del diametro di circa 60 centimetri e lunghezza di 1 metro e mezzo; erano vincolate a manufatti in cemento (corpi morti) su un fondale di 28 metri per mezzo di catene lunghe circa 15 metri.

L’attività investigativa svolta aveva consentito di risalire ai vecchi concessionari, ma non potendo ingiungere agli stessi la rimozione delle attrezzature trattandosi di una società fallita, la Capitaneria di Porto ha quindi deciso di intervenire direttamente. In pista il Quinto Nucleo operatori subacquei della Guardia Costiera della Direzione marittima di Genova. Operazione compiuta: mare salvato, pericoli sventati. Le boe, infatti, erano costituite principalmente da materiale plastico, destinato nel tempo a deteriorarsi e diffondersi sotto forma di micro particelle con effetti deleteri per l’ecosistema marino. Le catene a cui erano assicurate, a loro volta, ormai consumate dalle correnti galvaniche, potevano spezzarsi in qualsiasi momento riportandole a galla con le boe e quindi diventare un pericolo per l’intenso traffico di unità da diporto che caratterizza l’estate il canale di Portovenere. Il Comune di ha garantito con i propri mezzi il recupero e lo smaltimento di boe e catene con la supervisione del personale dell’Ufficio Locale Marittimo.

C.R.