Pressing di Grillo per il Felettino "Cassa Depositi dentro la società"

Appello dell’ex senatore a parlamentari e membri di Governo. "Chance senza precedenti nella storia della città"

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Roberta Della Maggesa

Luigi Grillo, il partito nel quale ha a lungo militato, e per il quale ha ricoperto prestigiosi incarichi in Regione e poi a Roma, sembra un po’ allo sbando...

"Berlusconi entrerà nella storia come imprenditore. E i motivi sono sotto gli occhi di tutti: ha creato un impero che in Italia ha pochi termini di paragone e che dà lavoro a 45mila persone. Ma come uomo politico, pur avendo dimostrato tenacia e resistenza non comuni, non è riuscito a realizzare quella rivoluzione liberale che aveva promesso. E il motivo di questo insuccesso è sicuramente legato al fatto che ha governato Forza Italia come fosse un’azienda. Non ha voluto creare un partito vero, con una classe dirigente selezionata su principi di meritocrazia, responsabile e democraticamente eletta. Ha preferito il partito del presidente,,dove tutto era deciso da lui e dal suo stato maggiore".

Beh, anche lei ha fatto parte di questa ‘corte’...

"È vero, ma più di una volta ho avuto l’occasione di chiarirmi con lui. E quando c’è stata la possibilità, gli ho sempre detto chge la politica è cosa diversa dal fare impresa. Là comandi, qui devi convincere".

Anche a livello locale gli azzurri stanno attraversando un’importante turbolenza. Che ne pensa?

"Conosco Grazzini e credo che possa dare un contributo al rilancio di Forza Italia. Ma non deve illudersi. La decisione su chi sarà il candidato alle prossime amministrative della Spezia sarà presa dal vertice del partito".

Che idea si è fatto delle rivendicazioni avanzate dai Popolari?

"Io credo che l’incarico di sottosegretario assegnato a Costa sia arrivato anche all’esito di una mediazione che ha visto Berlusconi in prima fila, impegnato nell’intento di dare uno schiaffo a Toti, colpevole, nella sua logica, di ingenerosità. E così, da semplice consigliere comunale, Andrea si è ritrovato a fare il sottosegretario alla sanità di un governo preceduto da Draghi. Il mio suggerimento, per lui, è di concentrare tutte le sue energie nella gestione di questo incarico autorevole che ha la fortuna di svolgere, evitando di perdere tempo prezioso dietro alle beghe del territorio. Se si mette a discutere di assessorati in seno alla giunta Peracchini, mi sembra che si autosqualifichi. Non le pare?"

Più che altro, mi pare che lei abbia voglia di tornare a fare politica attiva.

"Ne sento il dovere morale. C’è troppa improvvisazione e troppa incultura nella politica di oggi. Il primo scoglio da superare è l’attuale sistema elettorale, che permette a chiunque sia nelle grazie di un capobastone di entrare in Parlamento. Dobbiamo invece tornare a una legge proporzionale che consenta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti".

Ma in quale partito potrebbe militare in futuro?

"C’è la grande occasione del Recovery Fund che promette di riequilibrare i rapporti tra lo strapotere della Germania e il resto dei paesi Ue, Italia in primis. Mi auguro che anche nel nostro paese questo cambiamento di rotta, innescato dalla lungimiranza dei democristiani tedeschi, acceleri la ricomposizione di un’area di centro che alzi il vessillo dei Popolari europei. Io per questo mi batto. E a questa forza di respiro transnazionale mi iscriverò. E sicuramente lo faranno Berlusconi e le varie anime degli ex democristiani".

Anche Cambiamo?

"Guardi, pochi giorni fa ho fatto colazione con Toti. Mi è simpatico. È un moderato, una persona concreta e un ottimo comunicatore. Ma non deve ignorare il fatto che il successo raggiunto da Berlusconi a metà degli anni ’90 non si spiega soltanto con l’utilizzo di tv, giornali e radio. Forza Italia poteva contare, allora, anche sulla disponibilità di una capillare rete sul territorio. In ogni provincia c’era un rappresentante di Publitalia, che dal giorno alla notte svestì i panni di agente per assumere quelli di catalizzatore di consensi e poi di dirigente azzurro. Voglio dire, un partito non si mette in piedi soltanto con le buone intenzioni e con qualche parlamentare deluso. Serve uno sforzo maggiore. Toti, a parer mio, dovrebbe continuare a far bene il presidente di Regione, perché se ci riuscirà quello potrà essere il trampolino per un ruolo nazionale".

Lei è stato il primo firmatario della legge che ha istituito la finanza di progetto. Cosa pensa dell’idea di applicare l’istituto del project alla realizzazione del Felettino?

"A sinistra vedo gente che si straccia le vesti. Penso che non ci sia nulla di cui scandalizzarsi, anzi. Dal 2002 in poi, il coinvolgimento dei privati nella costruzione e gestione delle opere pubbliche è sempre cresciuto, raggiungendo nel 2011 la ragguardevole somma di 10 miliardi su 50. Venendo al Felettino, i costi ovviamente sono cresciuti, da 175 a 264 milioni di euro. Ma la cifra ipotizzata nel 2014 serviva per la sola costruzione dell’opera, poi Pessina sarebbe sparito. Ora invece si è scelta la via di una gara europea col coinvolgimento dei privati che comprende anche le spese per arredi, attrezzature e impianti, spese superiori ai 60 milioni. Insomma, non vanno confrontate le mele con le pere. Il piano finanziario sta in piedi e, come si legge chiaramente nella delibera della Asl, tutto quanto attiene ai servizi sanitari resterà in mani pubbliche. Al privato sarà demandata solo la gestione di alcuni servizi utili a rientrare rispetto all’investimento fatto: quanti e quali, sarà indicato del bando, ma si può immaginare che, come accade nella vicina Toscana, avranno a che fare con manutenzione, parcheggi, gestione del verde, vigilanza, lavanderia... Insomma nessuna privatizzazione strisciante".

Cosa si sarebbe potuto fare meglio?

"L’ospedale non è un’opera di destra o di sinistra. E’ un’opera fortemente voluta dalla comunità. Sarebbe un successo se riuscissimo a ottenere che la Cassa Depositi e Prestiti, anziché limitarsi a svolgere attività di consulenza per la Asl spezzina, diventasse azionista nella società di scopo che sarà creata per costruire e gestire l’ospedale. In questo caso, l’ingresso di un apparato pubblico del peso della Cassa Depositi nella compagine societaria sarebbe una garanzia assoluta".

Come muoversi, dunque?

"Personalmente, ne ho già parlato con Bruno Tabacci, che ha il coordinamento della politica economica del Governo Draghi. Però troverei molto positivo se gli uomini di governo della nostra provincia, insieme ai parlamentari, al presidente della Regone e al consigliere della Cassa Matteo Melley si muovessero all’unisono per l’obiettivo"