Il forte chiuso dietro un lucchetto. Barche abbandonate e cartacce. E il totem informativo è fuori uso

Fin dallo sbarco al Terrizzo appare evidente la patina di opaco che sporca la meraviglia del paesaggio. I beni della Marina dismessi, con i tetti sfondati e per ora invenduti: dentro, solo un cumulo di macerie.

Il forte chiuso dietro un lucchetto. Barche abbandonate e cartacce. E il totem informativo è fuori uso

Il forte chiuso dietro un lucchetto. Barche abbandonate e cartacce. E il totem informativo è fuori uso

Il profumo di erba tagliata è raro sulla Palmaria, che da alcuni anni è precipitata nel quasi abbandono, ma in questo giorno infrasettimanale dei primi di giugno ci accoglie pervadendo le nostre narici. Una passeggiata verso il forte Umberto I, chiuso dietro al cancello al civico 26 di via Schenello con tanto di lucchetto, nonostante il recente intervento di sfalcio non riesce a togliere la sensazione di degrado che si mescola a quella della meraviglia. E non importa se sia la prima volta o se l’isola si conosca come le proprie tasche: avendo davanti questo gioiello di bellezza naturale, non ci si può che chiedere perché sia così difficile farlo brillare.

La patina di opaco è fatta di barchini abbandonati, fazzolettini e cartacce che i soliti maleducati abbandonano – anche se la maggioranza dei camminatori, va detto, rispetta la natura –, a dispetto di chi mantiene con il proprio impegno queste vie sterrate. Fin dallo sbarco al Terrizzo i segni delle mancate cure si palesano: i primi elementi che s’incontrano sono un casotto prefabbricato deserto e un totem luminoso informativo fuori uso, con tanto di adesivo sullo schermo e filo dell’alimentazione reciso: sono la perfetta cartina al tornasole della mancanza di servizi e cure. Straniante lo stato dei beni dismessi dalla Marina, in attesa di nuovo destino tramite aste finora andate deserte: un "edificio pericolante" – la ex mensa sottufficiali - con tanto di cartelli, teli da cantiere a velarne porte e finestre, tetti sfondati. Guardando dentro, si scorgono mobili, frigoriferi, macerie, vita che fu. Siamo arrivati fino alle ‘Bocche’, ma la sensazione non cambia.

Legni e rifiuti portati dal mare, plastiche, addirittura parabordi spuntano accumulati in punti lungo lo sterrato che dal Terrizzo porta ad alcuni dei punti nodali dell’isola: lo stabilimento dei civili della Marina, la villa San Giovanni con il suo arenile antistante, l’imbarcadero della Macaia che fa la spola con Porto Venere, la spiaggia libera attrezzata il Gabbiano a Punta Secco. E non solo, perché ad aumentare il senso di abbandono c’è la decadenza dei pannelli illustrativi del parco regionale di Porto Venere, di cui la Palmaria è focus di bellezza e biodiversità, triste metafora di un’istituzione che pare agonizzante. E gli arredi in legno degli interventi di risistemazione del fronte a mare di qualche anno fa sono anch’essi all’ultima spiaggia: deteriorati, quando non divelti. "È uno schifo, non si può lasciare tutto così: bisognerebbe tenerla bene, la Palmaria" ci dice una donna che incrociamo, interpellata su ciò che è intorno a lei. Difficile darle torto.

Chiara Tenca