
Paioletti sull’agguato al minorenne: "Valori ormai dimenticati. Servono genitori più presenti"
Un agguato. Che ad un minorenne è costato una mano fratturata e diversi segni sul volto, "simboli" di sigarette spente sulla pelle. Fatto da un gruppo di coetanei sulle Mura. Umberto Paioletti, psicologo e psicoterapeuta grossetano, interviene sulla vicenda.
Che ne pensa di questa vicenda?
"Mi viene prima di tutto da pensare che questi ragazzi non sono orfani. E quindi va richiamata la responsabilità degli adulti. Non per dare la colpa a loro ma perchè si assumano le loro responsabilità: i ragazzi non vanno giustificati. Anzi. Se commettono dei reati, come questo, vanno puniti, ma sul fenomeno bisogna riflettere".
In che modo?
"C’è qualcosa che non torna in termini valoriali e di controllo. Non bisogna pensare che un minorenne deve essere controllato solo dalle Forze di polizia: prima ci sono gli adulti. Genitori, insegnanti e istruttori sportivi. Prima tutti i ragazzi erano sotto un controllo che nasceva spontaneamente dalla comunità. Se un ragazzo faceva qualcosa di strano, c’era un adulto che riferiva al genitore anche solo un comportamento ’diverso’ dalla quotidianità. Una specie di rete sociale che imponeva nel ragazzo la consapevolezza di essere sotto tutela. Ora non c’è più. I valori rappresentano l’ordito dello stare insieme. Oggi sono lacerati e poco facciamo per riannodarli e tenerli vivi e forti".
Comportamenti del genere sono sempre di più.
"Esatto. Comportamenti brutti che però sono diventati, purtroppo, parte della quotidianità. Ma sono evitabili: servirebbe che l’adulto sentisse una responsabilità diversa nel guardare, osservare e controllare. Un genitore sa quali amici frequenta? Conosce le famiglie degli amici del figlio? Sa che ci sono altri genitori come lui che possono vedere, guardare, cogliere segnali? Adesso purtroppo avviene l’inverso: se una persona fa presente ad un altra il comportamento sbagliato del figlio, il rischio che sia proprio lui a ribellarsi".
I gruppi sulla genitorialità dovevano servire proprio a questo.
"Esatto. Non si insegnava a fare i genitori, ma occasioni di confronto e discussioni. Genitori non si nasce. Ma si diventa. Ance commettendo errori e quindi migliorarsi. Un tempo era più facile, la società era meno complessa. Ora sono necessari confronti sul ruolo di genitori e condividere le difficoltà".
Matteo Alfieri