L’ultimo caso di malaria registrato in Maremma vent’anni fa: non fu mortale

Il caso ha incredibili analogie con quello più tragico della bambina bresciana di quattro anni che è stata uccisa dalla malaria dopo essere stata ricoverata alcuni giorni in ospedale

Ospedale

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Grosseto, 6 settembre 2017 -  «IN MAREMMA c’è un caso di malaria». Così venti anni fa l’allora prefetto Anna Maria D’Ascenzo ufficializzò la notizia che già circolava in alcuni ambienti. Malaria che aveva colpito una donna di sessant’anni che col marito viveva in un podere vicino alla Diaccia Botrone, che nei tempi critici della Maremma funestata dalla malaria era stata definita «la fabbrica delle zanzare». Era la fine di agosto del 1997, poco dopo il 20, quando la donna si presentò dal proprio medico di famiglia perché aveva la febbre altissima. Lui, anziano, che di casi di malaria probabilmente ne aveva visto molti, la riconobbe subito. Il resto lo fecero il reparto di Malattie Infettive dell’ospedale, con a capo Mario Toti, e tutta l’azienda sanitaria, con una megadisinfestazione su una superficie di quattordici chilometri quadrati. Scoprendo in pochi giorni come era stato possibile che la donna, originaria di Castiglione e mai spostatasi nei Paesi dove questa malattia ancora esisteva, fosse stata infettata.

LA STESSA zanzara anofele, fu ipotizzato allora, che l’aveva punta aveva in precedenza succhiato il sangue di una bambina immigrata da un paese asiatico. Fu l’allora direttore sanitario dell’Asl 9 Enrico Desideri, oggi direttore generale del maxiato, a spiegare che cosa era accaduto. «Un’anofele l’ha punta – spiegò all’epoca Desideri – e quell’anofele non era come le altre che, seppur in modesta quantità ancora si trovano in Maremma. In precedenza quella zanzara aveva punto un soggetto infettato e quindi l’infenzione l’ha trasmessa alla signora». Da lei l’insetto succhiò il plasmodium, un protozoo parassita che causa appunto la malaria e che non esiste più nelle nostre zone. Così come non esisteva più allora. Da qui lo stupore che suscitò il caso, che ha incredibili analogie con quello più tragico, della bambina bresciana di quattro anni che è stata uccisa dalla malaria dopo essere stata ricoverata alcuni giorni in ospedale.

IN MAREMMAi due casi ebbero un lieto fine: l’anziana castiglionese e la bambina guarirono, ma questa vicenda riportò a galla un periodo storico che sembrava ormai sepolto. Caratteristico di una Maremma paludosa, impestata dalle zanzare anofele. Erano gli anni tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, quando ancora la situazione era molto grave, quando era ancora in vigore l’Estatura, cioè il trasferimento in estate quando il rischio di contrarre la malaria era molto elevato, nelle zone collinari, anche di tutti gli uffici pubblici per espressa disposizione di legge.

Cristina Rufini