MARIA VITTORIA GAVIANO
Cronaca

La lotta al gioco d’azzardo: "Una piaga sociale sottovalutata. Però molte persone sono a rischio"

In piazza San Francesco l’iniziativa ’Dio non gioca a dadi’ per spiegare i rischi della ludopatia. Vazzano: "E’ una dipendenza con pesanti ricadute sulla vita". Rossi: "Occhio ai segnali di allarme".

I promotori del progetto ’Dio non gioca a dadi’ in piazza San Francesco

I promotori del progetto ’Dio non gioca a dadi’ in piazza San Francesco

È una dipendenza. Meno appariscente a livello sociale, ma lo è a tutti gli effetti. Il gioco d’azzardo è una piaga e ricade sulla comunità e a mettere in guardia dai rischi della ludopatia è stata l’iniziativa ’Dio non gioca a dadi’ romossa da Coeso con il patrocinio del Comune di Grosseto, nell’ambito del piano di contrasto al gioco d’azzardo della Regione e in collaborazione con la Asl. Il progetto mira a promuovere modalità di gioco più sane e forme di aggregazione alternative, oltre ad illustrare i servizi che saranno attivati sul territorio per contrastare il gioco d’azzardo e accrescere la consapevolezza nella cittadinanza. Il primo appuntamento si è svolto in piazza San Francesco dove lL’associazione Bandus ha messo a disposizione vari giochi da tavolo, giochi in legno e di strategia.

"Il gioco d’azzardo – dice Massimiliano Marcucci responsabile progetti del Coeso – è una malattia, una patologia. È una dipendenza insidiosa, anche se meno sentita. Le droghe socialmente hanno un impatto diverso, c’è uno stigma sulle dipendenze da sostanze. Mentre il gioco d’azzardo non è considerata nel comune pensiero un vero problema. Dal punto di vista clinico invece è una dipendenza e questo progetto vuole guidare le persone e informarle perché si può curare".

"Non si può parlare di dipendenza senza affrontare la ricaduta psicologica e sociale – dice l’assessora comunale al Sociale Maria Chiara Vazzano –. Sembra secondo gli studi che ci sia una forma di predisposizione alla patologia da gioco d’azzardo, è inevitabile vedere le ricadute a livello sociale con i comportamenti come un depauperamento della socialità e l’impoverimento importante delle famiglie".

"Abbiamo creato una rete di partenariato aprendo sportelli per ascoltare le persone che hanno difficoltà e per le famiglie – spiega Virginia Balbonesi, operatrice del progetto ’Dio non gioca a dadi? –. Apriremo anche sportelli nelle scuole superiori perché sappiamo che il gioco d’azzardo ha ’clienti’ sempre più giovani. Abbiamo messo una nota musicale con Kenobit, perché spesso nei videogiochi ci sono elementi d’azzardo come la ruota della fortuna, gratta e vinci per vedere il premio. I giovani possono affacciarsi alla dipendenza in modo involontario, quindi. Il gaming può diventare arte". "Non esiste uno stereotipo del giocatore d’azzardo – spiega Francesca Rossi, educatrice professionale –. Può giocare anche il giovane con le schedine del totocalcio. Inizia anche da una trascuratezza, un segnale d’allarme è la depressione, sfuggendo dalle dinamiche sociali e familiari, dicendo anche bugie. Le donne potenzialmente tendono a nascondersi per giocare, mentre gli uomini è possibile trovarli nelle slot. È un trend in crescita, specialmente nelle donne".

Maria Vittoria Gaviano