NICOLA CIUFFOLETTI
Cronaca

Imprenditori, è allarme: "Sono sempre più vecchi"

Studio di Confesercenti. Mei: "Concorrenza delle piattaforme on line"

Massimiliano Mei

Massimiliano Mei

"L’Italia non è un Paese per giovani"? Forse è vero, soprattutto se si parla di imprenditoria. Tra il 2019 e il 2024, nel nostro Paese hanno chiuso i battenti oltre 35mila imprese guidate da under 35, con un crollo del 22,9%. Un calo che colpisce duramente anche la provincia di Grosseto, inserendosi in una tendenza nazionale preoccupante.

A confermare i dati è un’indagine di Confesercenti basata su rilevazioni camerali. Il fenomeno colpisce in modo più marcato i centri urbani di dimensioni medie: nei comuni tra i 15mila e i 50mila abitanti, le imprese giovanili sono diminuite del 23%, mentre nei comuni tra i 50mila e i 250mila si arriva al 24,2%.

In parallelo, si registra un progressivo invecchiamento dell’imprenditoria nei settori del commercio e del turismo. L’età media degli imprenditori è passata da 50 a 51,3 anni in cinque anni, con punte ancora più alte in Toscana, dove si tocca una media di 53,1 anni.

A rendere il quadro ancora più critico è l’elevato tasso di mortalità delle imprese.

Secondo Massimiliano Mei, presidente provinciale di Fiepet Confesercenti, le cause sono molteplici. "Da un lato c’è il fattore demografico: meno nascite significano meno giovani e quindi meno nuovi imprenditori. Ma il nodo centrale è che il commercio non è più percepito come uno sbocco lavorativo attraente".

A incidere, secondo Mei, sono la concorrenza crescente delle piattaforme online, i costi di gestione sempre più insostenibili – con bollette raddoppiate e una Tari che in alcuni casi supera l’Irpef – e scelte amministrative che penalizzano il commercio tradizionale. "I centri storici vengono chiusi al traffico, ma restano accessibili ai corrieri che consegnano merce acquistata online. È una contraddizione che colpisce i negozi di prossimità".

Anche la ristorazione, finora considerata un settore in espansione, inizia a mostrare segni di cedimento. "Chi resta lo fa per arrivare alla pensione o perché ha esperienza – spiega Mei –, ma chi apre oggi senza un bagaglio professionale solido si trova in un mercato troppo duro, e spesso non riesce a sopravvivere".

Infine Mei punta il dito anche contro le liberalizzazioni. "Una volta i Comuni potevano regolamentare l’apertura di nuove attività attraverso i piani del commercio. Oggi si è perso il controllo, con utili in calo, costi in aumento e ripercussioni anche sull’ordine pubblico. Se non si interviene, sarà il caos".