TITTI GIULIANI FOTI
Firenze

Vita di Galileo, alla Pergola un kolossal firmato Lavia

Più di quattro ore di spettacolo, trenta personaggi in scena: un fastoso affresco costruito sul grande classico di Brecht. Con un pensiero a Strehler

Un'immagine di scena

Firenze, 29 ottobre 2015 - Mentre il teatro italiano tenta, si sforza di andare avanti e le produzioni sono sempre più risicate, quando addirittura non saltano, vi consigliamo caldamente di non perdere l'esatto contrario di quel che può accadere nel mondo: Vita di Galileo dì Brecht che ha debuttato l'altra sera al teatro della Pergola di Firenze.

Non uno spettacolo, un kolossal della durata di oltre quattro ore, con circa trenta personaggi sul palcoscenico, tra scene stupende e costumi in copia di multipli di attori molto puntuali e veramente bravi. Artefice di tutto ciò Gabriele Lavia non solo protagonista ma regista di uno spettacolo che in due parole molto stringate, va alla ricerca della verità. Vita di Galileo è un’opera a cui Brecht ha lavorato, con ritocchi e rimaneggiamenti, per oltre vent’anni. La prima versione risale addirittura al 1938, durante l’esilio in Danimarca. In questo testo e nello spettacolo che lo riproduce abbastanza fedelmente, Galileo, il fondatore della nuova fisica, è visto come un eroe che abilmente sceglie di capitolare di fronte al potere per continuare la sua ricerca scientifica.

Gli studi sulla fissione dell’atomo prima, e la costruzione della bomba atomica poi, portano a una trasformazione del testo: Galileo diventa un antieroe e la sua abiura l’atto con cui è stato messo drammaticamente in discussione il rapporto tra scienza e società. Un po' di storia non guasta: l’opera così rivista viene rappresentata nel luglio del 1947 al Coronet Theater di Beverly Hills a Los Angeles, Charles Laughton è Galileo e la regia è di Joseph Losey. Per il debutto del 1955 del Berliner Ensemble, la compagnia fondata da Brecht, il dramma subisce ulteriori variazioni. In questa forma, che per Brecht, morto durante le prove, ancora non era definitiva, Vita di Galileo arriva nel 1963 al Piccolo di Milano, regia di Giorgio Strehler, con Tino Buazzelli nel ruolo di Galileo. Uno spettacolo che cambia la vita di Gabriele Lavia, rendendolo l’artista che tutti conosciamo, e che ora affronta per la prima volta da regista e interprete principale, a sessant’anni dalla scomparsa di Bertolt Brecht.

E va ricordato che questa sua versione di Vita di Galileo, Lavia la dedica al grande Strehler e che lo spettacolo sarà in scena alla Pergola di Firenze fino al 12 novembre. Si tratta di un grandioso, fastoso affresco che ripercorre ventotto anni della vita dello scienziato pisano, e racchiude i sentimenti che vanno dall’euforia delle grandi scoperte, alla vecchiaia, segnata dalla cecità e dal disincanto.E' stata questa la prima volta per Lavia di misurarsi con un testo di Brecht. In quattro ore e passa, con un solo intervallo, si sono potute ammirare le scene di Alessandro Camera, sfarzose e ricche di dettagli,nonostante la semplicità delle linee e delle trovate. Poi la svolta nel secondo atto, dove invece a prevalere è la sontuosità delle ambientazioni ecclesiastiche. Fin dal primo atto, ogni cambio scena è scandito dal canto di tre ragazzine abbastanza gaudenti e piacevoli: Alice Ferranti, Silvia Biancalana e Chiara De Palo, che annunciano con melodie polifoniche ciò che il pubblico vedrà svolgersi sul palcoscenico. La musica è suonata dal vivo da un palco.

Una costruzione spettacolare che riecheggia gli anni '70-'80, quando i grandi registi facevano quasi a gara a chi teneva di più lo spettatore seduto sulla poltroncina. E ricordiamo titoli come Le smanie della villeggiatura, di Mario Missiroli, il Mahabharata, di Peter Brook o le opere di Luca Ronconi, che poi sono passate alla storia.  

Diciamo subito che il lavoro fatto è stato ed è enorme e molto coinvolgente, con rari momenti di stanca. Diciamo anche che via via lo spettacolo acquista anche più ritmo e le scene di insieme contribuiscono a coinvolgere lo spettatore. Una fra tutte, il canto che chiude il primo atto con una specie di danza dei folli che leggermente riecheggia Notre dame de Paris. E diciamo anche che Lavia interpreta perfettamente un quarantenne scienziato - il tempo per lui sembra non passi veramente mai -. Ed è perfetto il rapporto col piccolo Andrea, che si vede benissimo essere non un maschietto, ma una brava attrice come Ludovica Apollonj Ghetti. Uno spettacolo a tratti difficile, soprattutto quando si entra nel garbuglio mentale di universo, di teorie copernicane e dottrine tolemaiche. Detto tutto questo, compresa la sottile ironia "laviana" che accompagna tutta la messa in scena, dove il pubblico a più riprese ride di gusto, lo spettacolo secondo me è esageratamente lungo. Nonostante sia ben fatto e ineccepibile sul piano estetico, sui contenuti forse un po' meno: è un po' difficile impartire lezioni credibili di scienza e matematica da un palcoscenico. Un po' di ovvia lentezza in un contesto difficilissimo, lo ripeto, e una regia che parla di Lavia anche senza che lo dichiari. Infine, un po' discutibile il dialogo che conclude lo spettacolo tra l'Andrea Grande e Galileo. Comunque da vedere.

Vita di Galileo è con Massimiliano Aceti, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Silvia Biancalana, Pietro Biondi, Francesca Ciocchetti, Gianni De Lellis, Michele Demaria, Chiara De Palo, Luca Di Prospero, Alice Ferranti, Giulia Gallone, Ludovica Apollonj Ghetti, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Mauro Mandolini, Luca Mascolo, Woody Neri, Mario Pietramala, Matteo Prosperi, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola; musiche originali di Hanns Eisler; eseguite dal vivo dai musicisti della Scuola di Musica di Fiesole: Elena Pruneti flauto, Graziano Lo Presti clarinetto,Giuseppe Stoppiello pianoforte, scene Alessandro Camera, costumi Andrea Viotti; regista assistente Giacomo Bisordi, regia Gabriele Lavia.