Giro d'Italia, ma la tappa che ricorda Dante in realtà è questa

Venerdì la tappa per il Sommo Poeta da Ravenna a Verona, però è a Firenze che va celebrato

La carovana rosa

La carovana rosa

Firenze, 19 maggio 2021 - “Perdonate, messere: incontraste al castello il Ghibellin Fuggiasco?”. “Quand’io v’era, ei v’era”. Hanno un bel dire, che la tappa dedicata al Sommo Poeta sarà quella di venerdì, da Ravenna a Verona, tappa dell’esilio definitivo, della morte e della discendenza. Ma se volete respirare il profumo di Dante, l’occasione è questa. Con quell’aneddoto, e quella battuta fulminante che solo un Genio della Poesia poteva inventarsi per far abboccare un soldatello un po’ beota. Che il castello in questione fosse Porciano o Romena, poco importa, in linea d’aria è un chiamarsi e rispondersi.  Dante e Firenze, Dante e il Casentino. Dante e la grandezza del suo tempo, compresa quella tremenda legnata che i suoi concittadini presero a Montaperti, e che “fe’ l’Arbia colorata in rosso”. Lui, Dante, sarebbe nato cinque anni dopo, ma come non pensare che il suo mondo sia stato completamente imbevuto di quell’evento, e che quell’evento abbia reso Siena quella che ancora oggi noi posiamo ammirare. Con i suoi splendori, i suoi tesori, le sue magnificenze, le sue usanze di comunità, le sue proiezioni nel contado.

La Lega del Chianti, un’altra battaglia con Firenze, un altro bell’aneddoto, il gallo bianco dei senesi che mangia troppo e dorme fino a tardi, il gallo dei fiorentini tenuto a stecchetto, che si sveglia di notte e dà il segnale al cavaliere per partire, e così si arriva a Panzano e anche oltre, per segnare i confini.  Il Gallo Nero, what else, come direbbe il bel George (lui parla di caffè ma non vuol dire). Dal Brunello al Chianti, il tasso di nobiltà sale, il blasone si fa antico, è la grande aristocrazia rurale antica che marchia le terre e le vigne, i Mazzei, i Corsini, gli Antinori, i Frescobaldi, e poi di seguito attraverso i secoli la buona borghesia e l’industriosità del genio di campagna, che hanno fatto grandi queste terre. Lo vedi nel disegno dei colli punteggiati di torri e di campanili, castelli e pievi con i borghi appollaiati all’intorno, e le tracce di generazioni di cultura materiale tra antichi e nuovi mestieri. Se volevate una tappa capace di fotografare la toscanità più schietta, non me ne vogliano tutti gli altri, eccola servita. La Toscana della vite e dell’ulivo, la 222 Chiantigiana percorre tutto il Chianti storico che oggi si chiama classico sorridendo a Castellina, a Panzano, a Greve. Il tracciato di oggi attraversa l’Arno e Firenze, e riparte per oliveti e boschi a salire da Sesto Fiorentino verso Monte Morello, rapida volata a sfiorare grandi luoghi della fede come Montesenario e il Santuario del Sasso e poi la picchiata a cercare un’altra storia.

Nipozzano, una culla dei Frescobaldi, è il guardiano severo di altre distese di vigne che salgono fino ai 600 metri di Pomino e del suo champagne di Toscana, simb olo di una tradizione vitivinicola che perfino Cosimo III nel 1716 riconobbe come zona “a denominazione” ante litteram.  Si sale lungo le curve e le rampe della Consuma fino a incrociare, su al passo, il sentiero di crinale, lo 00 del Cai che fa la gioia di legioni di escursionisti verso il Pratomagno, poco più a sud il fitto delle odorose abetaie intorno alla millenaria abbazia di Vallombrosa, son luoghi ricchi di spirito, questi: lasciato a destra il bivio per l’ameno borgo di Montemignaio patria di Marcello Mugnaini, in pochi minuti si scende a Romena, la pieve romanica che ricorda Sant’Antino e che vive spiritualità profonde, chiedete a Simone Cristicchi di don Luigi Verdi e della sua comunità. Casentino: la torre del Castello di Poppi come un dito verso il cielo, sui monti là di fronte la Verna e Camaldoli, curioso destino di queste terre tra diavoli e acquasanta, le Storie a Veglia di Emma Perodi sono zeppe di streghe, orchi, befane, lupi mannari e oggetti magici proprio all’ombra dei monasteri… Siamo a Stia, la piazzetta del “Ciclone”, in mente ti torna subito “che ce l’hai un gratta e vinci te?”.  Ponte Biforco, si sale la Calla. E non è più Toscana. Ma l’impronta è indelebile.

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