
di Benedetto Ferrara
Due coppe Italia e una Supercoppa con la Primavera. Poi il premio come miglior allenatore del settore giovanile. Insomma, con alle spalle una carriera di calciatore ai massimi livelli, Alberto Aquilani potrebbe tirarsela un po’. Invece...
"Tra un la vita di un giocatore e la professione di allenatore c’è un abisso. Devi rimetterti in discussione con molta umiltà. Per forza".
Aver girato mezza Europa l’ha aiutata?
"Allargare gli orizzonti arricchisce il tuo mondo e la tua visione delle cose. Ho sempre voluto confrontarmi con scuole diverse tra loro. La premier, la Liga, il calcio portoghese. Tutte esperienze che mi hanno fanno crescere".
Tre trofei e un po’ di difficoltà. Inevitabili, forse.
"Se alleni la Primavera non devi essere giudicato solo per i risultati. Ogni giocatore che viene chiamato ad allenarsi con la prima squadra per me è un successo. Se poi viene convocato lo è di più".
Ma gestire gli umori non è semplice. I sogni, le aspettative, il rischio di perdersi. Per non parlare dei procuratori.
"Già. Anche questo è il mio lavoro. Creare armonia. Beh, i procuratori ai miei tempi erano quattro o cinque. Ora sono quattrocento o cinquecento. L’obiettivo di un tecnico è sempre uno: che i tuoi giocatori si fidino di te".
Un allenatore giovane. Cioè?
"Un fratello maggiore. Anche se quando serve devi essere un sergente severo".
Di Italiano cosa pensa?
"Un tecnico che ho sempre stimato per le sue idee di gioco. Sta facendo grandi cose. Sapevo che quei giocatori non erano scarsi. A volte sono le motivazioni a le idee a stravolgere tutto".
Perché poi la prima squadra deve essere un modello anche per la Primavera.
"Sì, anche se non si tratta di copiare un modulo. E’ l’atteggiamento che conta. E io amo il calcio propositivo".
Quando è che ha capito che avrebbe scelto questa strada?
"A Lisbona. Mi piacevano le idee di Jorge Jesus. E dopo ogni allenamento prendevo appunti. Mi si è aperto un mondo".
Parliamo del presente. Squadra in bolla e partite sospese causa covid.
"La società è stata prontissima a reagire. I ragazzi stanno bene e dopo il 23 riprenderemo la nostra strada. Teniamo duro".
Il centro sportivo che verrà sembra un sogno. E sarà presto una realtà.
"Sì. Ma voglio ringraziare i miei ragazzi per aver ottenuto grandi risultati senza avere a disposizione campi all’altezza e impianti di livello. Quelli arriveranno presto e ringrazio la proprietà".
Commisso ci tiene ai suoi ragazzi.
"Il presidente è venuto a sostenerci nel freddo quando già non stava bene. Lui è un uomo generoso capace di comunicare entusiasmo".
Ma se lei ha scelto Firenze ci sarà un motivo, no?
"Beh, una società nuova e ambiziosa. E poi il rapporto con Daniele Pradè. Ma soprattutto i ricordi degli anni in cui indossavo la maglia viola. Sono tutti nel mio cuore. Insieme a Roma, dove sono nato, questa è la mia città. La amo, la vivo, l’ho scelta".
E poi?
"Al poi sinceramente non ci penso. Sono focalizzato sul presente".
Bianco, Agostinelli… lampi di futuro per la Fiorentina che verrà?
"Io, insieme alla società e a Italiano, devo gestire la crescita di ogni ragazzo con saggezza. E coraggio, quando serve. Qualcuno di loro arriverà, altri forse no. Ma il mio impegno è per tutti. Al cento per cento. Come piace a me".