MAURIZIO COSTANZO
Firenze

Firenze, apre una mostra che indaga la paternità

Alla Galleria Il Ponte dal 24 maggio

Un padre

Un padre

Firenze, 19 maggio 2023 - A Firenze apre una mostra che indaga paternità. Il Ponte conclude la stagione espositiva - prima della pausa estiva - con la personale dedicata a Marina Ballo Charmet, Tatay. Con la coda dell’occhio. Il progetto, del quale la Galleria tratta il risultato fotografico, si lega alla videoinstallazione Tatay, che sarà presentata mercoledì 24 maggio alle ore 18:30 nella Sala Grazzini dell’Istituto degli Innocenti di Firenze. L’inaugurazione della videoinstallazione sarà preceduta alle ore 17 da una Tavola rotonda sul tema della “maschilità accudente” alla presenza dell’artista Marina Ballo Charmet. Introduce e coordina Erika Bernacchi (ricercatrice dell’Istituto degli Innocenti); intervengono: Gustavo Pietropolli Charmet (psichiatra e psicoterapeuta, fondatore dell’Associazione Il Minotauro); Arabella Natalini (direttrice del Museo degli Innocenti); Marco Meneguzzo (curatore della mostra Tatay. Con la coda dell’occhio). Nella videoinstallazione di Tatay (padre, in filippino) la ricerca artistica “di Marina Ballo Charmet è una poetica e raffinata riflessione sul tema della paternità in cui suono e immagine si intrecciano e si rafforzano a vicenda per riportare a voci e gesti privati, personali, afferenti alla sfera del quotidiano, ma al contempo universali e ancestrali”, come scrive Stefano Boeri per la presentazione alla Triennale di Milano. Progetto presentato poi alla Fondazione Bevilacqua La Masa nel 2022. Un ambiente sonoro oscuro dove 12 voci di padri di paesi e lingue diversi cantano la ninnananna al loro bambino. Le voci si intrecciano e si susseguono a formare un'unica voce ancestrale e primordiale, che non dice ma canta e il gesto della proiezione che si ripete e si intravede nell'oscurità è quello del padre che culla il suo piccolo. In galleria viene presentato per la prima volta il percorso strettamente fotografico di questa ricerca artistica, attraverso dodici fotografie a colori di grande formato, del progetto Tatay, realizzate negli ultimissimi anni. Esse afferiscono alla genitorialità maschile, alla relazione primaria padre-figlio. Spesso dettagli di aree di contatto tra il padre e il bimbo molto piccolo dove si suggerisce una intimità tattile olfattiva. ”In questa prospettiva, la ricerca di Marina Ballo Charmet è unica nel suo genere all’interno del panorama artistico italiano. Dimostra una profonda resilienza rispetto a qualsiasi tipo di allineamento, immaginando la fotografia come strumento di auto-educazione o ri-educazione prima di tutto alla visione stessa. Marina parla, infatti, dell’idea di fotografare come una possibilità dello sguardo, “un potere di vedere diversamente da prima il mondo, forse di vederlo come se lo vedessi veramente per la prima volta” (Emma Zanella, Alessandro Castiglioni). Marina Ballo Charmet dà vita a immagini inconsuete aperte a molte interpretazioni, invitando il pubblico a guardare con interesse rinnovato la realtà che ci circonda”. Del lavoro storico con la coda dell’occhio,(1993-94), nel piano inferiore della galleria sono esposte sei foto in bianco e nero di grande formato, stampate ai sali d’argento, in cui i bordi della città sono visti con uno sguardo dal basso, mettendo l’obiettivo all’altezza dell’occhio di un bambino di tre o quattro anni e riprendendo da quel punto di vista il tessuto urbano, soprattutto marciapiedi, spartitraffico, sterrati. Un repertorio di immagini dove protagonista è la quotidianità, tutto ciò che ci circonda, vista di sfuggita… ”Marina Ballo Charmet rifiuta l’antropocentrismo di una visione esatta e presumibilmente oggettiva. Lo sguardo non è più una presa di distanza ma una forma di partecipazione, psichica e psicologica. Da un progetto ad un altro l’immagine, statica o in movimento, è il luogo di un’intimità sperimentale, indefinita” (Jean-Francois Chevrier).