MICHELE BRANCALE
Cultura e spettacoli

Rondoni, "L'infinito" di Leopardi e lo strano bacio del poeta al mondo

Dialogo a Firenze con i versi di Leopardi, a duecento anni dalla loro composizione

Il manoscritto de 'L'Infinito' di Leopardi custodito a Visso (Ansa)

Firenze, 2 febbraio 2019 - “Infinito” è ciò che continua a parlare nel tempo e a farlo in modo personale, in modo irriducibile ad una formula, ad un'equazione. “L'infinito” è nel nostro immaginario la poesia di Giacomo Leopardi (1798-1837), del quale, scherzando o pensosi, ricordiamo in genere il primo verso, citato nei contesti più diversi. In occasione dei duecento anni dalla sua composizione, Davide Rondoni, poeta e scrittore, ha scritto 'E come il vento. L'infinito, lo strano bacio del poeta al mondo', edito da Fazi, che ha presentato a Firenze con Sergio Givone e Marcello de Angelis, all' Etra Studio Tommasi di via della Pergola, complici i quadri di Claudio Sacchi (abile ritrattista e, tra l'altro interprete, in 'Oblivion', di un padre Pio che prega tra i rifiuti informatici) e il giardino interno nel quale Cellini forgiò il Perseo, ponendo fine alle sue inquietudini e ritrovando letizia in sé. Ma non allontaniamoci troppo. Torniamo all'opera di Leopardi poco più che ventenne e al colloquio che Rondoni instaura con i quindici endecasillabi sciolti della poesia. Rondoni compie una ricognizione sul senso dell'infinito, così come è stato colto e inteso dalla matematica alla filosofia alla teologia e da una serie di discipline con le quali egli dialoga a partire da un punto di fuga preciso, che è quel mare – e non può essere altrimenti - in cui fare naufragio. Tuttavia il naufragio di Leopardi nell'infinito è un arrendersi dolce, una resa che non è sconfitta né umiliazione. E' il sublime che interroga e che può rivelarsi anche nell'apparenza di piccole cose, che si risveglia e manifesta, per usare un'espressione di Rondoni, nel “quasi niente” che è l'uomo. Nella vita il ricordo di alcune parole, dunque di alcuni versi, ha una sua persistenza, rimane al fondo come un riferimento che riemerge all'improvviso o che andiamo a ricercare. E' anche l'aspetto al tempo stesso dolce e inquietante del linguaggio poetico; della poesia che insegna che capire è altra cosa dal comprendere. Rondoni lo sottolinea con efficacia: “Molti pensano di conoscere 'L'infinito'. Anch'io lo pensavo. Invece si scopre sempre qualcosa. Accade come con le persone importanti della nostra vita. Me lo ripeto spesso: le poesie non si capiscono, si comprendono. Si prendono con sé e per tutta la vita ci parlano, ci stupiscono, ci chiamano... Qualcuno pensa di sapere cosa sia la poesia, ma spesso non sappiamo più cosa sia il silenzio... Figuriamoci la poesia, che è la figlia prediletta del silenzio”. Rendiamo omaggio a questo lavoro di Rondoni, che è tra l'altro fondatore del Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e della rivista 'clanDestino', con un esperimento fatto qualche anno fa ma che, a causa delle cronache di questo tempo, sembra non avere perso attualità. Con le parole di Leopardi, ci siamo domandati cosa è l'infinito per chi il cielo lo vede da un barcone nel cuore della notte, in mare, mentre fugge e sa di potere fare naufragio e finire sul fondo del mare. Michele Brancale 1. "Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare" . 2. “È caro al passo del migrante il senso della direzione, sia siepe o colle, uno sbocco nell’orizzonte immenso. Brevi tratti diventano corolle di silenzio sovrumano, di quiete apparente in spazi, talvolta zolle, interminati a causa di concrete paure, dello stormire clandestino del vento tra le piante che irrequiete non danno rifugio. È un istante fino al naufragio che dura di infinite attese e arriva improvviso: confino di speranze rese alla voce mite e poi inospitale che adesso abbino a stagioni ardite. In mare finite?”. (Michele Brancale, da 'Rosa dei tempi', Passigli, 2014) A queste poesie, affianchiamo due composizioni di Davide Rondoni. La prima è tratta da 'Natus. Opere di Ugo Riva', 2018), la seconda da 'Tre appunti in poesia per Claudio Sacchi' (2018, catalogo Etra Studio Tommasi). 3. nascita e spartiacque nascita e frumento non essere più solo in un sogno di qualcuno, ma un evento, una persona tra tutte le infinite possibilità - qui non là, la postura o una malattia rara, un quasi niente di materia oscura o energia chiamala ma nera? Il mio vagito cosa ha strappato all'infinito? 4. … opporre al tempo, alla sua sbrecciata e socchiusa porta la grazia di un nonnulla, una rosa nemmeno lei accorta della sua custodita beltà l'enigma di volti soglia, una cosa da niente, un secchio e un cavallo di marmo greco, vita sospesa sempre tra due mondi di scorrimento e rovescio...