
A destra, in abiti civili, Marco Camuffo
Firenze, 5 febbraio 2021 - Sembrano passati anni luce da quella notte di settembre del 2017, in cui, con la divisa indosso, i due carabinieri del radiomobile di Firenze avrebbero approfittato sessualmente di due studentesse americane incontrate nel corso di un intervento al "Flo". Da ieri, c’è ancora meno condizionale nell’accertamento della verità giudiziaria: la corte d’appello ha sostanzialmente confermato la condanna di primo grado inflitta a Marco Camuffo, oggi non più nell’Arma (come l’ex collega Pietro Costa) ma titolare di un bar a Prato.
A Camuffo, 50 anni, originario di Vaiano, i giudici hanno tolto due mesi, rispetto al verdetto emesso dal gup Frangini, in abbreviato: gli restano quattro anni e sei mesi per violenza sessuale ai danni di T., all’epoca neanche 21enne e, secondo le risultanze di un’indagine condotta dagli stessi carabinieri, incapace di opporsi a quello stupro anche per lo stato di ebbrezza alcolica. Il processo d’appello si è celebrato in un clima assai più freddo rispetto ai tempi dello scandalo e pure dall’ottobre del 2018, in cui Camuffo è stato dichiarato colpevole per la prima volta.
L’imputato non c’era, al contrario del precedente giudizio: per lui l’avvocato Filippo Viggiano. Non c’era neanche T. Per lei e la sua famiglia, presenti gli avvocati Francesca e Laura D’Alessandro e Fabio Carusone. "Non siamo soddisfatti", dice l’avvocato Francesca D’Alessandro, a proposito del ridimensionamento, anche se minimo, dell’impianto accusatorio originale: è caduta l’aggravante della violazione dei doveri d’ufficio, oggetto per altro di un procedimento parallelo, avviato davanti al tribunale militare, conclusosi con la condanna. Resta in piedi quella sulle condizioni di minorata difesa della vittima.
Fra 60 giorni le motivazioni della sentenza. Ci sarebbe anche la Cassazione, ma il sentiero imboccato pare ormai definitivo. Anche se manca ancora l’altra metà del processo, alla notte del Flò: Pietro Costa, il più giovane della pattuglia, è stato giudicato con il rito ordinario, incamerando in primo grado cinque anni e mezzo, più di Camuffo perché senza lo ’sconto’ dell’abbreviato. Tra qualche mese, è previsto anche qui l’appello.
Tutto cominciò all’alba del 7 settembre del 2017: la gazzella del 113 che era intervenuta alla discoteca fiorentina se n’era appena andata dall’appartamento di borgo Santi Apostoli, quando cominciarono telefonate concitate e confuse (anche per via della lingua) al 113.
Le ragazze dicevano di essere state violentate da due "cops", inevitabile lo stupore dall’altra parte del filo. Non era uno scherzo. Ll’indagine, condotta dal pm Ornella Galeotti, s’innescò. Arrivarono anche le sospensioni, poi le radiazioni, le condanne dei vertici dell’Arma. E non solo.