E' morto Fabio Picchi, addio allo chef scrittore

Firenze, se ne va un grande interprete della cucina toscana e non solo

Lo chef Fabio Picchi (foto Marco Mori/New Press Photo)

Lo chef Fabio Picchi (foto Marco Mori/New Press Photo)

Firenze, 25 febbraio 2022 - E' morto Fabio Picchi, chef del Cibreo, volto noto di Firenze e della Toscana. Aveva 68 anni. Era un alfiere della cucina regionale, un grande interprete di piatti conosciutissimi. Era lui l'anima del Cibreo, lo storico locale che negli anni ha accolto vip e persone comuni.

Picchi era malato da tempo ma fino all'ultimo ha lavorato ai suoi progetti. Una mente vulcanica che negli anni ha stupito con le sue creazioni. Il suo mondo era il quartiere di Sant'Ambrogio a Firenze, qui aveva dato vita ai suoi locali e ai suoi progetti. Increduli i fiorentini, che lo hanno visto in giro per il quartiere e per la città fino a poco tempo fa. Solo pochi giorni orsono Picchi, dalla sua pagina Facebook, pubblicizzava i prodotti del suo negozio a chilometri zero C. Bio.

La videointervista del 2019 a La Nazione: "Firenze? Non è peggiorata"

Proprio a dicembre aveva dato vita a un "derby" con Prato sulla realizzazione di un dolce, le "albicocche" di Firenze in una simpatica competizione con le storiche "pesche" di Prato. Un aneddoto che mostra come la passione di Picchi per la cucina non avesse limiti e andasse oltre la malattia. Cultore profondo dei prodotti a chilometro zero, amava i prodotti freschi del mercato e proprio dalle colonne de La Nazione dava spesso consigli sulla spesa perfetta ai lettori. 

Il ristorante

Autore di diversi libri, Picchi era molto conosciuto dal pubblico e grande appassionato di teatro. Aveva fondato tra l'altro nel 2003 il Teatro del Sale, dove appunto teatro e cucina si fondono. Il Teatro del Sale nacque ben dopo il ristorante Cibreo, storica di attività di Sant'Ambrogio. Il locale fu fondato nel 1979.

Biografia

Così scriveva di sé Fabio Picchi raccontando come è diventato chef. ''Fabio Picchi nasce fiorentino il 22 giugno 1954 aspirando immediatamente, per il labronico cognome, alla cittadinanza e natalità livornese. Irrequieto nel suo percorso scolastico, perseguitato da un perenne e perentorio: ''Il ragazzo è intelligente ma non si applica…', trova nei cinema pomeridiani e nei teatri serali felice soddisfazione e profondo insegnamento. Si innamora di tutto ciò che legge e vede. Passa dalla Facoltà di Lettere, per 5 minuti, e per 3 ore da Scienze Politiche. Trova lavoro nell'alba delle prime Radio e Televisioni libere fiorentine. Si rifugia per 6 minuti nella ditta paterna annunciando poi a tutta la famiglia che avrebbe aperto un ristorante. Fu così che l'8 settembre del 1979, dandosi una forte manata sulla fronte, entra nel mondo adulto con il suo Cibrèo".

La carriera

Negli ultimi anni era nato il Cibleo, in cui Picchi aveva fuso la cucina toscana con quella orientale. Recentemente si era dedicato anche al commercio al dettaglio con il C-Bio, un negozio di generi alimentari a chilometro zero che era anche ristorante. 

Vita privata

Picchi lascia la moglie Maria Cassi, nota attrice di teatro e quattro figli, tre maschi e una femmina. Picchi aveva ceduto al figlio Giulio il Cibreo, dedicandosi poi solo al negozio C-Bio. Del padre, Giulio ha preso non solo le capacità in cucina ma anche la vena artistica. E' lui infatti che produce dei manifesti, che si trovano anche sulle locandine del Teatro del Sale, realizzati attraverso una tecnica mista tra disegno a mano e digital art, come si legge sul sito del Cibreo. Un'eredità importante per un locale che, sulle orme di Fabio, continua con Giulio. 

Libri

Ma Fabio Picchi era anche uno scrittore. Tanti libri di cucina diventati di culto. Si ricordano tra gli altri "Papale papale. Ricette che salvano l'anima" (2016), in cui Picchi fuse la spiritualità con la cucina, con ricette provenienti anche dai conventi. E poi l'omaggio alla sua città con "Firenze, passeggiate fra cibo e laica civiltà" (2015) in cui alla cucina unì in questo caso i suoi ricordi e le sue sensazioni sul capoluogo toscano, la sua culla. Il suo amore per l'Isola d'Elba è invece raccontato in "Ostriche rosse per Napoleone", un romanzo tra verità e finzione ai primi dell'Ottocento. 

Ricette

La grande eredità che Fabio Picchi lascia alla gente sono le sue ricette. Come ad esempio la panzanella croccante, piatto tipico toscano. Nella versione di Picchi il pane viene tostato, per questo è definita croccante. E ancora le sue cozze ripiene. O i suoi tanti modi per esaltare il sapore del baccalà. Picchi era prodigo di consigli per tutti in cucina. Preziosissime erano le sue dritte antispreco, per sfruttare tutto ciò che c'era in frigorifero o in dipensa. Tutto con ricette che avevano in comune la semplicità e il gusto. 

Il lutto

Il sindaco di Firenze Dario Nardella esprime il suo cordoglio: «Ho appreso la notizia della scomparsa di Fabio Picchi con dolore immenso, alla fine di una giornata molto intensa nella quale abbiamo parlato di tanti argomenti che certamente Fabio avrebbe riconosciuto e apprezzato. La sua morte ci lascia tutti sbigottiti, profondamente rattristati. Per me Fabio è stato un punto di riferimento nella comunità fiorentina e un amico vero. Il suo estro, la sua passione per la vita e per il suo lavoro, la sensibilità verso i temi dell'ambiente, dell'inclusione sociale facevano di Fabio una persona vera, animata dal desiderio di partecipare alla comunità fiorentina».

"Ci mancherai tanto, Fabio. Ma porteremo con noi la tua incontenibile fame di vita. Piango e abbraccio la Maria e i tuoi ragazzi. Ciao, colonna di Sant`Ambrogio, vecchio cuore di Firenze". Così il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, su Facebook ricorda lo chef.

“Con lui - sottolinea il presidente della Toscana, Eugenio Giani - se ne va un pezzo di Firenze e di Toscana che si è fatta conoscere e apprezzare nel mondo per la sua creatività e genialità”. “Picchi – prosegue – è stato un ambasciatore del gusto e dei sapori della nostra regione, capace di esaltare la semplicità e genuinità della nostra cucina e farne un veicolo di cultura: cultura enogastronomica ma anche cultura nel senso più ampio, in una tradizione intimamente toscana che sa mettere insieme arte, convivialità e piacere della tavola”.

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