La nebbia sul destino della manovra di bilancio si è quasi diradata del tutto. Fra le certezze dei 144 articoli contenuti nel disegno di legge che sarà esaminato in prima battuta alla Camera, c’è il mini ritocchino che potrebbe innalzare le pensioni minime a quota 617,9 euro. Le prime stime calcolano un bonus di circa tre euro che non riesce a trasformarsi nel ritocco da circa 11-15 euro prospettato pochi mesi fa. Resta invece l’equivalente di un paio di caffè al mese per i pensionati più fragili. Il calcolo preciso dell’assegno minimo sarà comunque possibile solo dopo il decreto del Mef, entro il 20 novembre, sull’adeguamento all’inflazione. Il motivo di un aumento così light? La perequazione nel 2025 sarà del 2,2% rispetto al trattamento minimo prima della maggiorazione. Dunque inferiore a quella del 2024, più una piccola aggiustatina dell’1,6% per riacciuffare l’inflazione. Stop.
Ma in caso di via libera il bonus (o la beffa), quanti fiorentini riguarderebbe? La platea di beneficiari non sarebbe proprio ristretta visto che comprende circa il 10% degli circa 240mila a Firenze e provincia che intascano pensioni di vecchiaia. L’Inps nel 2024, nello stesso territorio ha staccato più di 33mila assegni di pensione per classi d’importo fra i 250 e i 700 euro, cioè sotto o poco sopra la soglia minima che, in media, portano nelle tasche di altrettanti pensionati cifre medie di 573 euro. Di queste, quelle totalmente integrate al trattamento minimo, sono 24mila: significa che per altri 9mila pensionati al situazione è cristalizzata con un importo medio di circa 432 euro oppure parzialmente integrata con un importo medio di 490 euro. Ancora troppo sotto la soglia. E se il governo, per bocca del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, due mesi fa aveva annunciato il tentativo di portare gli assegni più poveri a 1000 euro al mese entro fine legislatura, i tre zeri per molti fiorentini sono un miraggio.
Circa 34mila pensionati, in pratica più di uno su dieci della nostra provincia, intascano un cedolino che va dai 750 euro ai 1.249 euro. Le cose vanno meglio, in questa fascia, per i circa 2.800 dipendenti pubblici a riposo che superano quota mille, mentre peggiorano per autonomi e parasubordinati proprietari di assegni più scarichi che, in media sono di 930 euro. La nostra provincia però non se la passa male, almeno rispetto alla Toscana: l’importo medio mensile liquidato infatti risulta più alto per le femmine rispetto alle media regionale e nazionale. Idem per i maschi, ma solo rispetto al resto della Toscana e non d’Italia. In una fascia più sicura si trovano 41mila lavoratori a riposo con un assegno medio da 1.700 euro fra cui 8mila dipendenti pubblici, 6.300 artigiani e quasi 4mila commercianti.
Chi invece dorme fra due guanciali sono i possessori di cedolini pesantissimi: in più di 6mila, cioè poco più del 2% dei nostri pensionati, intascano cifre medie da 3.900 euro al mese. Si tratta soprattutto di cedolini che arrivano dal fondo pensioni lavoratori dipendenti: ex elettrici, Inpdai, dipendenti delle poste, ferrovieri e telefonici, ma anche quasi 400 commercianti con una minima parte di subordinati. La mensilità da Paperoni l’Inps invece la versa a un piccolo esercito di 4.200 lavoratori a riposo. Ciascuno di loro riceve ogni mese dai 4mila ai 7mila euro di pensione, sette volte tanto l’assegno di un pensionato fiorentino su dieci. Le notizie non sono tutte grigie, ma solo per chi ha importi più alti. Il cambio di passo arriverà infatti sui meccanismi di rivalutazione.
Se nell’ultima finanziaria il meccanismo di indicizzazione era stato rivisto prevedendo un taglio alla rivalutazione degli importi più alti, adesso sembra esserci stato un dietrofront. Finora l’aumento del 7,3% restava valido per le pensioni fino a quattro volte il minimo, mentre oltre soglia calava al 6,2% e poi al 3,8%. Il ministro Giorgetti, adesso, ha promesso meno severità annunciando che il meccanismo di ‘sterilizzazione’ non ci sarà più.
Claudio Capanni