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L’arresto del super narcos. La svolta arriva da Firenze

Le indagini della squadra mobile di via Zara e la tenacia di una poliziotta: ecco chi c’è dietro alla cattura in Turchia del trafficante albanese Dritan Rexhepi.

L’arresto del super narcos. La svolta arriva da Firenze

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Dritan Rexhepi è un narcotrafficante albanese a cui stavano dando la caccia le polizie di mezzo mondo. Ma lo spunto decisivo alla sua cattura, avvenuta nei giorni scorsi a Istanbul, è arrivato proprio da Firenze. I poliziotti del Sisco (sezioni investigative del servizio centrale operativo), guidati dal vicequestore Maria Assunta Ghizzoni, hanno infatti capito che, dopo l’evasione dell’Escobar albanese dal carcere di Guayaquil, in Ecuador, potesse essersi rifugiato in Turchia. E la loro intuizione, veicolata dai canali dell’intelligence, ha raggiunto l’obiettivo.

Con un blitz da film, è stato scovato in un appartamento nel quartiere di Beylikduzu il pericosolo latitante.

Adesso l’Italia ha chiesto la sua estradizione. Qui, sono molti i suoi conti aperti con la giustizia. D’altronde, l’Italia è stato anche il primo paese in cui Rexhepi, anni fa, ha costruito i primi affari dopo aver lasciato la terra natìa: rapine e traffico internazionale di stupefacenti le materie criminali in cui si è consacrato.

Dopo essere stato condannato a 16 anni dal tribunale del capoluogo toscano, nel 2011 l’albanese è fuggito dal carcere di Voghera. L’evasione, come vedremo, è un’altra delle sue specialità. Arrestato nuovamente in Belgio, con l’accusa di aver messo a segno una sequenza di rapine, riuscii a sgattaiolare pure da quella prigione.

Rexhepi è ricomparso tre anni dopo in Ecuador, dove è stato nuovamente arrestato, per traffico internazionale di droga.

Cocaina. Chi sniffa polvere bianca in Europa, ha buone possibilità che sia la droga importata dal cartello di Rexhepi, “Kompania Bello“. L’indagine della squadra mobile di via Zara, denominata Los Blancos, ha messo in luce come l’organizzazione che faceva capo al trafficante albanese, a sua volta in affari con i clan ecuadoriani e colombiani, fosse pilotata proprio da Rexhepi, nonostante fosse dietro le sbarre. Da Guayaquil, dove benché recluso viveva come un re, utilizzando le chat criptate di particolari telefoni Blackberry, dirigeva i suoi uomini, organizzava i carichi, e forse si premurava anche di purgare i nemici. In Albania, deve rispondere anche di omicidio. Per “Los Blancos“ è stato condannato a Firenze a 20 anni. A gennaio, sull’agenda degli avvocati Roberto Chiossi di Modena e Sabrina Del Fio di Firenze, c’è segnata la data dell’appello.