La verità dietro quello schermo

La “vita” di un telefono per quella di un bambino: il lato oscuro della produzione di smartphone e tablet

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I cellulari sono ormai diventati delle appendici irrinunciabili per tutti. Tuttavia al loro interno si trovano materiali nocivi e inquinanti, provenienti principalmente da miniere abusive, soprattutto africane, dove i lavoratori risultano tutt’altro che specializzati e sono spesso vittime di abusi e disgrazie.

Una mostra molto interessante è stata organizzata qualche mese fa dalla parrocchia di San Donato a Livizzano, con lo scopo di illustrare i principali caratteri di questo sfruttamento, in paesi nei quali avviene l’estrazione di minerali impiegati nella costruzione di smartphone. In particolare, questa si è soffermata sulla Repubblica Democratica del Congo, dove il sottosuolo è tra i più ricchi al mondo e la popolazione tra le più povere. La mostra è stata presentata sotto forma di due binari, uno con pannelli orizzontali contenenti approfondimenti su aspetti storici, geografici, tecnologici; l’altro costituito da totem verticali con riflessioni e citazioni di poeti, politici e scienziati. Sembra impossibile che in Congo ancora oggi, nel 2020, per sopperire alle nostre comodità più di 40 000 bambini “grattino” ogni giorno le pareti delle miniere, per raccogliere questi materiali. I più usati sono oro, coltan, uranio, tungsteno, cobalto, argento, stagno ed altri elementi chimici. La Repubblica del Congo è ricchissima di questi materiali, oltre che di risorse forestali e naturali. Ma lo sfruttamento ha contribuito a causare milioni di morti e sfollati. Ci sono state guerre interne per reprimere la resistenza e campagne sanitarie contro l’Ebola, difficili, date le condizioni mediche e sociali del paese.

Al centro di tale sfruttamento sono proprio i bambini: circa 40mila di loro sono costretti ad infilarsi nei cunicoli più angusti, dove gli adulti non passano e a spaccare le rocce ricche di minerali, muniti unicamente di un martello; sono pagati circa 12 euro al giorno, per una giornata lavorativa di 1224 ore; non hanno maschere di protezione, quindi inalano ogni genere di sostanze nocive, talvolta subiscono maltrattamenti. Le principali aziende che producono smartphone si disinteressano al problema, sostenendo di non essere al corrente di tutto ciò.

Nonostante i tentativi di denuncia, la situazione è rimasta invariata e non promette miglioramenti. E’ dunque necessario protestare contro questi orrori che sconvolgono il mondo. Se è vero che non ci possiamo privare della tecnologia, dovremmo almeno cercare di limitare la dispersione e lo spreco di questi materiali, cercando di riparare anziché buttare, riciclare anziché ricomprare e rompere il silenzio forzato che nasconde queste verità.

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