
Medici
Firenze, 17 marzo 2019 - I veleni e le lotte di potere finiscono per ingolfare anche le liste d’attesa. Nelle carte dell’inchiesta giudiziaria sulla ‘cattedropoli’ che ha travolto l’area medica dell’Università di Firenze, a Careggi, emergono elementi utili a rileggere quanto accaduto negli ultimi anni ai centri protesici del Cto e di Fucecchio. A febbraio dello scorso anno, in Toscana, le liste d’attesa per protesi di ginocchio e anca hanno ormai superato il livello di guardia: per un intervento si aspetta anche più di due anni. L’Asl – a quel tempo – già sollecitata sul problema, lavora alla riorganizzazione del Centro toscano di chirurgia protesica (Cesat), realizzato nell’ex ospedale San Pietro Igneo di Fucecchio.
Il Cesat è un vanto nazionale dell’ortopedia, con tecniche e tecnologie d’avanguardia, molto meno gloriosi sono i tempi che i pazienti sono costretti ad aspettare prima di entrare in sala operatoria. Il problema, secondo i vertici dell’Asl, è da individuare anche nella guida del prof Massimiliano Marcucci, un Maradona delle protesi, che però non avrebbe altrettanto talento nella gestione organizzativa. In pratica la lista a Fucecchio non scorre: non viene utilizzata la seconda sala operatoria. E dunque i tempi si allungano, tanto che l’ingorgo assume proporzioni esagerate. A primavera inoltrata del 2018 arriva il cambio al vertice: la struttura dipartimentale di Ortopedia protesica di Fucecchio passa da Massimiliano Marcucci a Roberto Virgili.
Una mossa che non viene digerita dal prof, ceduto da Careggi in prestito alla Asl per il progetto del Cesat, che già a febbraio aveva capito che le cose sarebbero cambiate. E infatti aveva chiamato (intercettato) il prorettore dell’area medica dell’Università, Paolo Bechi, preoccupato: «E’ arrivata una lettera che mi passano come manovalanza sotto... Quindi io ho preparato una lettera di dimissioni», dice Marcucci che poi effettivamente a novembre 2018 lascia la struttura di Fucecchio per rientrare al Cto. Anche sostenuto da Bechi che gli suggerisce di proporre le sue dimissioni, impegnandosi a parlare del rinnovo della convenzione con il direttore generale. «Il dipartimento nostro interaziendale scompare e tutti i medici che erano sotto quello, e io compreso, ci mettono sotto la Sod semplice che sarà a direzione di un medico di loro... Io non posso accettare una cosa del genere», dice Marcucci parlando con Bechi. Oggettivamente il fallimento del progetto universitario sarà fra i motivi dell’addio definitivo a Fucecchio.
Nel frattempo, al Cto, si comprendono le manovre di rientro del Marcucci e si teme che possa prendere la guida del Centro protesico in via di costituzione, figlio dell’impegno del professor Massimo Innocenti, responsabile dell’area di Chirurgia ortopedica del Cto e del professor Roberto Civinini, uno dei professionisti maggiormente impegnati nel progetto di chirurgia protesica.
Innocenti teme dunque il rientro di Marcucci e lo fa presente a Bechi, sollecitandolo a parlare del problema al rettore e insistendo perché Marcucci resti a Fucecchio come direttore scientifico. Sarà proprio Luigi Dei a restare infastidito dalla comunicazione: «E’ quasi un avvertimento... Quando la gente funziona non la vogliono... che soggetti! Uno bravo non lo vogliono». Insomma, poi Marcucci rientra. La guida del Centro protesico non la prende. E inoltre ancora sono pochissime le ore di sala operatoria che gli vengono assegnate, anche se una volta, lui non si è presentato (in molti parlano del suo, come un carattere complicato). I veleni e i contrasti aumentano, le liste gonfiano. Ora il direttore generale Rocco Damone dice basta. «Da aprile Marcucci avrà due giorni a settimana di sala operatoria». Speriamo che funzioni. Per i pazienti.