"Il mio Pasolini si racconta in un museo"

Ascanio Celestini al Teatro Puccini per due serate speciali con un’orazione dedicata al centenario della nascita del poeta e regista

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"Se prendiamo tutta l’opera di Pasolini dalla prima poesia che scrisse a 7 anni, fino al film Salò, l’ultima sua opera, avremo il ritratto della storia italiana dalla fine degli anni del fascismo fino alla metà degni anni ’70. Pasolini ci ha raccontato cosa è successo nel nostro paese in tutti questi anni", sosteneva Vincenzo Cerami scrittore e autore che ha lungamente frequentato Firenze. E mai verità fu più provata: se ce ne fosse bisogno, anche nel recital che porterà in scena al Teatro Puccini Ascanio Celestini per due sere, giovedì 31 marzo e venerdì 1 aprile alle 21 con lo spettacolo, "Museo Pasolini" da lui stesso scritto, con le voci di Grazia Napoletano e Luigi Celidonio. Qui l’attore ha pensato di guidarci in un ipotetico "Museo Pasolini" che, attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto, ma anche di chi l’ha immaginato, amato e odiato, si compone partendo dalle domande: quale potrebbe essere il pezzo forte del Museo Pasolini? Quale oggetto dovremmo cercare? Quale oggetto dovremmo impegnarci a acquisire da una collezione privata o pubblica, recuperarlo da qualche magazzino, discarica, biblioteca o ufficio degli oggetti smarriti? E ancora: cosa siamo tenuti a fare per conservarlo? Cosa possiamo comunicare attraverso di lui? E infine: in quale modo dovremmo esporlo? Dunque Celestini prende ad esempio l’Icom (International Council of Museums) per le 5 funzioni di un museo che sono: ricerca, acquisizione, conservazione, comunicazione, esposizione. E si chiede: come potrebbe essere

un museo Pier Paolo Pasolini?

Di certo in una teca potremmo mettere la sua prima poesia: di quei versi resta il ricordo di due

parole “rosignolo” e “verzura”. Anno 1929. Mentre Mussolini firma i Patti Lateranensi, Gramsci ottiene carta e penna e comincia a scrivere i Quaderni dal Carcere. E cosi via per arrivare ad un’opera che sorprende, inquieta, diverte, e che pure costringe a meditare, suscitando diverse passioni, a tratti un’amara comicità. Due ore filate per un recital – che si potrebbe definire forse più un’orazione (ma per pietà non chiamatelo teatro civile, perchè il teatro incivile non esiste) – dove Celestini dà il meglio di sé. Tra talento e impegno.

Titti Giuliani Foti

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