ORLANDO PACCHIANI
Cronaca

Anniversario Spadolini. Gli affetti e le sorprese: "Quando zio Giovanni scartava i regali"

l cenacolo di Pian de’ Giullari, tra politici, nipoti e vecchi amici. Ritratto intimo dell’uomo che segnò un’epoca a 25 anni dalla morte

Spadolini, 25 anni dalla morte. Il grande statista raccontato dai familiari

Firenze, 4 agosto 2019 - Quando si sedeva sulla poltrona, anzi proprio sulla poltrona dello zio Giovanni, era il segnale convenuto. La famiglia si stringeva lì intorno, in prima fila i più piccoli, tutti con il proprio pacco in mano e l’eccitazione dei giorni della festa. Poi, uno a uno, si presentavano da lui che scartava ogni dono accompagnando il gesto con un commento sul giocattolo che aveva scelto. «Era generoso e giocoso, non mancava mai un Natale con noi», ricorda Maria Benedetta Spadolini, nipote di quello zio Giovanni che a pian dei Giullari riusciva a recuperare stralci di una dimensione intima strizzata tra impegni istituzionali e viaggi nei quattro angoli del mondo.

Gli amati fratelli Pierluigi, architetto, e Paolo, radiologo, i sette nipoti Guido, Serena, Maria Benedetta, Maria Donata (anima della Fondazione dove è impegnata da anni con dedizione e passione), Tommaso, Ilaria e Paola. E poi i bisnipoti, anche loro cresciuti nell’alveo di quella grande famiglia «che in occasione delle feste o quando lo zio era a casa – ricorda Maria Benedetta – era solita riunirsi, senza mai sentirne il peso perché erano occasioni irrinunciabili». Pare di vederlo, lo statista reduce da un incontro con Reagan o da un vertice a Palazzo Chigi, accomodarsi a capotavola e nel clima rilassato del proprio bozzolo lasciar cadere come nulla fosse pillole di raffinata cultura o squarci di politica internazionale.

«Per ragazzi di venti anni le riunioni familiari a volte possono essere pesanti, si preferirebbe fare altro, ma per noi non era così, quelle due-tre ore in cui riuscivamo a stare con lo zio Giovanni erano lezioni di vita imperdibili».

Occasioni da cogliere anche perché non così frequenti, considerati gli impegni prima professionali che lo portarono tra l’altro alla direzione de Il Resto del Carlino e del Corriere della Sera, poi politici a partire dal 1972. Cambiò allora la sua vita, cambiò in qualche modo anche quella delle persone a lui più vicine. In testa la mamma Lionella, cui era legatissimo. Rimasta vedova nel 1944, quando il marito Guido ufficiale della Croce Rossa rimase vittima di un bombardamento, lo aveva affiancato come una first lady. E aveva guidato a lungo quelle grandi riunioni familiari, che anche a Pasqua culminavano intorno alla poltrona dello zio Giovanni.

«Si metteva al suo posto e compiva il solito rituale che lasciava a bocca aperta tutti i piccoli, arrivati con il proprio uovo: con un coltellino da frutta incideva il cioccolato e poi faceva spuntare la sorpresa consegnandocela», dice Maria Benedetta, ma è come se parlasse ognuno dei piccoli protagonisti di quelle giornate magiche.

Momenti di condivisione che a volte trovavano interlocutori d’eccezione. «Un giorno lo zio ci convocò tutti al Tondo dei cipressi, lì trovammo Sandro Pertini che ci accolse in maniera meravigliosa, passammo momenti gioiosi in compagnia di due uomini così importanti e pure tanto pronti a farci divertire».

E il rapporto con la sua città, con la «Firenzina» pure tanto amata? «Pian dei Giullari era il suo rifugio – risponde Maria Benedetta –, dove si incontrava con gli amici di una vita, con quelli storici della Cesare Alfieri. Qui tornava per ritrovare la sua dimensione, fatta anche del profondo legame con la famiglia». Stretta stretta intorno alla poltrona dello zio Giovanni.