
E l’altare è lontanissimo I parroci sono alle strette "Non si sposa più nessuno Ma giudicare è sbagliato"
Siamo sempre più soli. O meglio, abbiamo sempre meno voglia di impegnarci. Lo certifica una recente inchiesta del Sole 24 Ore, che mostra come, nella provincia di Firenze, a fronte delle 456.078 famiglie ci sono 181.869 single, per un’incidenza del 40%. La situazione peggiora nella sola città, dove, nel complesso dei 185.175 nuclei, si contano 91.426 persone sole. In pratica, quasi la metà dei fiorentini è nubile o celibe. E se qualcuno decide di sposarsi, non lo fa di certo in chiesa.
Palazzo Vecchio ha stimato che, sul totale delle nozze previste quest’anno, il 70% sarà con rito civile. "Nella mia parrocchia, non si sposa più nessuno" sorride amaramente don Stefano Ulivi, parroco di Barberino del Mugello. "Ricordo che tempo fa celebravo più di trenta matrimoni l’anno, oggi è un miracolo se arrivo a quindici".
Tuttavia don Stefano, seppur lottando con la nostalgia, comprende la disaffezione al matrimonio. "In una società come quella odierna, nessuno ha più il coraggio di dividere la vita con una persona. Si preferiscono relazioni occasionali, amori brevi. Giudichiamo la nostra individualità più importante e non la baratteremmo mai per andare incontro ai bisogni dell’altro. E se dal matrimonio civile si scappa, da quello religioso è più difficile svincolarsi".
Eppure, c’è chi vede la scelta di non sposarsi in chiesa come una dimostrazione di consapevolezza. "Parliamoci chiaro, prima si sceglievano le nozze religiose per sport" ironizza don Simone Pifizzi, parroco del Sacro Cuore a Firenze. "Dubito che, tra tutte le coppie che ho sposato, non ce ne fosse nessuna inconscia di quello che stava facendo. Oggi convolano a nozze molte meno persone: l’anno scorso ho amministrato dodici matrimoni, quest’anno ne amministrerò tre. Ma queste tre coppie sono altamente consapevoli di ciò che significa sposarsi in chiesa".
Dunque, per don Simone, a una diminuzione dei matrimoni corrisponde un aumento del significato attribuito al sacramento. "Certo, non dobbiamo immaginarci delle coppiette anni ’30. Sono persone che hanno avuto diverse esperienze e che comunque vengono da convivenze più o meno lunghe. La Chiesa, se vuole avvicinarsi ai fedeli, deve accettare queste nuove situazioni". Della stessa idea è don Andrea Bigalli, parroco di Sant’Andrea in Percussina. "Ci si sposa meno in chiesa? È normale. Stiamo assistendo a un mutamento delle identità sociali e individuali, che si coniuga a una riorganizzazione delle relazioni sociali. Non possiamo pretendere che rimanga tutto uguale e noi, come Chiesa, dobbiamo accogliere le nuove forme di rapporto. Non possiamo continuare a giudicare, ad esempio, le coppie di fatto e, anzi, dovremmo proprio abbandonare il giudizio. L’importante è capire i bisogni dei fedeli e favorire la stabilità, e l’amore, in qualsiasi relazione. Del resto, come diceva San Paolo: "Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia".
Benedetta Macchini