
Roberta Franchi, docente alla facoltà di Lettere e Filosofia

Firenze, 10 dicembre 2020 - Il testo che segue è contenuto in Buongiorno Firenze, la newsletter che dal primo dicembre La Nazione invia agli iscritti alla community dei lettori. La newsletter, interamente dedicata alla città di Firenze, contiene uno sguardo alla giornata appena iniziata con il commento di un ospite (oggi, la docente universitaria Roberta Franchi), oltre a informazioni di attualità, la "buona notizia" e suggerimenti per vivere la città. Per ricevere via mail la newsletter clicca su www.lanazione.it/
Firenze, 10 dicembre 2020 - La didattica a distanza nelle università? Un male necessario e un impiccio, come lo è per le scuole elementari , le medie, le superiori, oppure per i futuri laureati rappresenta un assaggio del lavoro (e della vita) che li attende? Un tema di non poco conto: mentre la dad è al centro di polemiche nella scuola dell'obbligo e nella secondaria, l'insegnamento a distanza negli atenei è pressoché assente dal dibattito. Quasi che la dad esista in primis come fastidio per i genitori che, con essa, vedono smarrito il ruolo di parcheggio che la scuola innegabilmente riveste, assieme a molte e più importanti funzioni. Anche all'università di Firenze ci si è tempestivamente attrezzati per la dad. Dalle lezioni a distanza sono escluse le matricole, ammesse in presenza alle aule perché abbiano un approccio "morbido" alla vita universitaria. Attraverso la rete, invece, si sostengono esami e si discutono tesi di laurea, con qualche deroga per queste ultime, consentite in presenza e con ristretto pubblico, fino all'introduzione della zona rossa. Se davvero il mondo post covid lavorerà soprattutto in smart working, la didattica universitaria potrebbe servire a preparare i giovani alla vita che li attende fuori da scuola. E allora: come sta andando la forzata esperienza dell'università a distanza? Può avere un futuro, oppure sarà abbandonata a emergenza conclusa? Ne parliamo con una docente, aprendo un tema sul quale "Buongiorno Firenze" è pronta a ricevere contributi e reazioni. Scrivete a [email protected]
Roberta Franchi, trentanove anni, è titolare della cattedra di Letteratura cristiana antica alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze. E' nata e abita a Montemurlo, in provincia di Prato ed è docente invitato di spiritualità cristiana all'Istituto “Santa Teresa del Bambin Gesù” di Pisa.
La Dad può avere un futuro, all'università? "E' una soluzione accettabile soltanto in una condizione di emergenza. Ma sul piano didattico ed educativo non è applicabile in condizioni ordinarie". Perché?
"Mi rifaccio all'origine delle parole: insegnare, dal latino insignare, significa lasciare un segno, imprimere qualcosa, obiettivo raggiungibile con la parola, il linguaggio. Professore è colui che professa, che parla di fronte a qualcuno. E se fra chi parla e chi riceve, la parola è filtrata da uno schermo, tutto perde forza e significato. Si rischia che la maieutica venga demandata a materiali e lezioni sincrone o asincrone semplicemente caricate sulle piattaforme".
Anche la tv è uno schermo, eppure incide su milioni di coscienze.
"Ma la tv ha un suo linguaggio e immagini elaborate: primi piani, campi larghi. La lezione on line è a inquadratura fissa, monotona; isola lo studente, lasciandolo spesso in balia di problemi tecnici dovuti alla connessione, con serie difficoltà nel seguire. Ciò può far venire meno il desiderio di apprendere. Senza contare che la possibilità di interagire da parte degli studenti, pur consentita dal pc, è limitata rispetto all'aula".
Com'è organizzata, la dad?
"Unifi è stata prontissima: piattaforme, corsi di formazione, aule attrezzate con pc per i docenti. A settembre è stata adottata una didattica mista. La dad è rimasta per gli studenti iscritti agli anni successivi ad eccezione delle matricole, per riservare loro un ingresso meno traumatico. Con la zona rossa, abbiamo dovuto ripristinare la dad".
Gli studenti cosa pensano?
"Nel questionario, a settembre, molti hanno optato per le lezioni in presenza".
I ventenni sono cresciuti nel digitale, frequentano i social, sanno che il lavoro del futuro si svolgerà probabilmente così.
"Nella scuola esistono tre tipi di rapporto. Verticale, gerarchico docente-studente. Orizzontale fra docente-docenti e studenti-studenti. Infine, circolare che riunisce professori, allievi, corpo non docente, studenti e docenti di altre facoltà. Con la dad esiste solo il primo rapporto, fortemente limitante nelle occasioni relazionali e di incontro a cui gli studenti tengono".
Vantaggi?
"Poter vedere la lezione persa. E' la sola cosa che terrei, una volta tornati alla didattica tradizionale".
Il digitale consente molto molto di più.
"Immagini la differenza fra studiare un codice antico avendolo fra le mani in biblioteca e consultarlo on line. Poi, mi faccia sfatare il mito che in rete si trova tutto. No, per il patrimonio antico le cose non stanno proprio così".
Magari nelle materie scientifiche il digitale apparirà meno alieno.
"Non sono del settore, ma una collega di quei dipartimenti afferma che laboratori e tirocini esigono la presenza".
E gli esami?
"In questa situazione emergenziale, soprattutto quelli orali, sono stati più fattibili. Anche i ragazzi si sono adattati".
Magari hanno un libro fuori inquadratura.
"Se uno legge ce ne accorgiamo anche a distanza. Piuttosto, i problemi vengono con gli scritti. Quanto alle tesi, discusse a distanza perdono fascino. A settembre Unifi aveva giustamente concesso la possibilità di lauree in presenza con un numero ristretto di partecipanti, in linea con le norme vigenti".
Insomma, la scuola si fa a scuola.
"Senza dubbio. La casa è fonte di mille distrazioni, di disorientamento, ci si studia sì, ma il rapporto docente-allievo matura a scuola, dove l'alunno è coinvolto attivamente nell’apprendimento. L’università deve mantenere il suo carattere di relazione, scambio, incontro. La didattica ha bisogno di spazi appropriati, di menti e corpi in una dimensione comunitaria, in una relazione empatica".
Lei per età è nativa digitale. E i suoi colleghi più anziani, come si trovano, a far lezioni col pc?
"Ognuno sa usare il mezzo, non lo ritiene un corpo estraneo. Se lo abbandoneremo quando sarà esaurita l'emergenza, non sarà per partito preso ma perché, dopo averlo sperimentato, sappiamo con certezza che non potrebbe funzionare. La nostra Università è 'in presenza', non 'in assenza'".