I chirurghi: "Sanità sparita dalla campagna elettorale. Eppure il sistema è in crisi''

Appello alla politica del Collegio Italiano dei Chirurghi, insieme alle Società Italiane di Chirurgia

Il professor Maurizio Brausi

Il professor Maurizio Brausi

Firenze, 21 settembre 2022  - La campagna elettorale si è dimenticata delle problematiche sanitarie? Sembrerebbe di sì, specialmente per quanto riguarda le questioni relative alla chirurgia, che risultano soltanto sfiorate. Ne è convinto il Collegio Italiano dei Chirurghi,  col vicepresidente professor Maurizio Brausi, in rappresentanza  di 57 società scientifiche - più di 45.000 chirurghi italiani - da cui arriva l'auspicio di un maggior dialogo tra le forze politiche e gli esperti del settore,  per condividere e ed aiutare la politica nelle decisioni future.

Ecco il loro appello

"In questo momento davvero difficile, il Collegio Italiano dei Chirurghi, insieme alle Società Italiane di Chirurgia, desiderano esprimere la loro preoccupazione per la situazione attuale della Sanità Italiana ed in particolare delle nostre specialità. Oggi il nostro Servizio Sanitario Nazionale sta soffrendo. Le ragioni sono molteplici ma una su tutte è la mancanza di personale medico ed infermieristico. Siamo carenti di medici di medicina generale ma anche e soprattutto di specialisti. La situazione infermieristica è altrettanto preoccupante: mancano infermieri professionali e strumentisti. A peggiorare la situazione c’è un dato allarmante: 3000 medici ogni anno andranno in pensione e non potranno essere sostituiti o verranno sostituiti solo in parte. Per quanto riguarda la nostra specialità è ormai risaputo che gli specialisti chirurghi sono in numero insufficiente e anche se il numero di ingressi alla facoltà di Medicina si amplierà in futuro, occorreranno almeno 11 anni per formare uno specialista in chirurgia ed altri anni ancora per avere un professionista “esperto ed affidabile”. Da ciò scaturisce immediatamente una domanda: cosa accadrà in questo lasso di tempo?

La situazione è grave: le liste d’attesa per gli interventi chirurgici oncologici e non sono lunghissime in quasi tutti i centri Ospedalieri Italiani, sia pubblici che privati. La Pandemia è stata in parte responsabile della situazione e ha fatto emergere ciò che noi addetti ai lavori già conoscevamo: deficit di risorse, errori di programmazione, politica sanitaria sbagliata (riduzione dei posti letto), mancata protezione legale degli specialisti e, non ultimo, salari inadeguati con esodo all’estero di specialisti. Dette problematiche sono state illustrate dalla presidenza del Collegio Italiano dei Chirurghi e dalle Società presso le sedi Ministeriali competenti, ma le risposte o non ci sono state o sono state senza efficacia. Nel DM 70 infatti si sottolineano 3 punti importanti sui quali lavorare in futuro: l’aspetto dell’infettivologia (esiti della situazione pandemica), la creazione di ospedali di comunità che dovrebbero integrarsi con gli ospedali di II e III livello e l’acquisizione di nuove tecnologie, soprattutto radiologiche. Non si fa cenno ad un aumento delle risorse per altre specialità. Ciò ci ha reso e ci rende molto preoccupati per il futuro.

Tuttavia pensiamo anche che questo periodo post Covid-19 che si sta avviando alla normalità (riduzione dei ricoveri ospedalieri e nelle terapie intensive) possa essere una opportunità per i nostri leaders politici per una attenta e profonda rivalutazione dei reali bisogni della nostra popolazione, in particolare per ciò che concerne la chirurgia. La disamina della situazione attuale ci dice che il numero delle sedute operatorie chirurgiche è insufficiente. Occorre aumentarle, ma per fare ciò c’è bisogno di personale medico (anestesisti, chirurghi) ed infermieristico (infermieri di sala, strumentisti). Ecco allora che gli investimenti futuri per le specialità chirurgiche dovrebbero essere più consistenti in modo tale da poter offrire agli specialisti del settore l’esecuzione di orari prolungati, ma ben remunerati.

Altra possibilità potrebbe essere, come si sta già cercando di fare, il richiamo dei professionisti esperti (anche ex direttori) in pensione, apertura e facilitazioni alle donne chirurghe. Non crediamo che l’acquisizione di specialisti dall’estero, soprattutto da certi Paesi possa essere la risposta giusta. In chirurgia occorre essere specialisti ma anche esperti. Ci attendiamo dal legislatore una speciale attenzione a queste problematiche ed auspichiamo un reale coinvolgimento del CIC e delle Società nella discussione. Certe volte solo gli specialisti che sono coinvolti nella quotidianità conoscono a fondo le vere problematiche sanitarie che sono peculiari e che ovviamente sono diverse da regione a regione.

Ci spiace dover segnalare che durante la campagna elettorale in corso si è accennato solo in modo generico alle problematiche sanitarie ed in particolare a quelle che investono la chirurgia. Esiste una mancanza di dibattito tra le forze politiche ed i veri esperti del settore.

Il Collegio Italiano dei Chirurghi (CIC), che rappresenta ben 57 Società, si rende assolutamente disponibile ad essere un interlocutore fattivo  per condividere ed aiutare la politica nelle decisioni future. Ci auguriamo che i futuri governanti considerino attentamente le nostre proposte e compiano questo passo importante che determinerebbe una svolta decisiva nell’approccio al cambiamento della nostra Sanità". Prof. Maurizio Brausi per  Collegio Italiano dei Chirurghi

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro