
Robot
Firenze, 13 aprile 2019 - Alla Saras di Moratti il contratto già prevede premi di produttività legati all’innovazione digitale. Al Nuovo Pignone di Firenze la conformazione stessa della tecnologia applicata è stata contrattata tra azienda e sindacato. Alla Hewlett Packard Enterprise la flessibilità permette una gestione del lavoro basata sul tempo e non sull’orario, sull’autonomia del lavoratore nel determinare la distribuzione dei carichi di lavoro e non su rigidi schemi che nell’economia della conoscenza sarebbero obsoleti. Poi ci sono i casi di Aboca, di Autostrade con l’automazione dei sistemi di pagamento, le linee automatizzate alle Poste per lavorare lettere e pacchi, lo smart working in Enel e Intesa Sanpaolo e tanti altri casi.
La rivoluzione digitale sta cambiando il mondo del lavoro (e non solo). Anche il sindacato deve cambiare, per non restare ai margini, rottamato dalla modernità. Da tempo la Cgil lavora sulla necessità di "un sindacato più digitale e connesso". Ora ha messo a punto un manuale, digitale, il primo del genere in Italia, una sorta di "cassetta degli attrezzi 4.0", per indicare gli strumenti e la strada da seguire al sindacato, chiamato ad affrontare una sfida storica.
Il volume della Cgil, curato da Alessio Gramolati e Gaetano Sateriale, con una introduzione di Susanna Camusso, si intitola "Contrattare l’innovazione digitale" e verrà presentato a Roma con una tavola rotonda il 18 aprile, alla presenza dei vertici della Cgil nazionale con il segretario Maurizio Landini, di docenti, ricercatori, rappresentanti di Confindustria e di agenzie del lavoro internazionali. La rivoluzione tecnologica in corso con l’innovazione digitale – è il filo conduttore del manuale – può essere una grande occasione anche per costruire un mondo migliore, un modello di sviluppo che rispetti l’ambiente, riduca le disuguaglianze nel lavoro, nella società, amplificate – per effetto di una globalizzazione non governata – da un sistema imperniato sui principi del profitto fine a sé stesso, dello sfrenato liberismo economico. L’innovazione digitale investe i modi di produzione, influenza le condizioni di vita delle persone, delle comunità, i luoghi di vita – città e campagna – i mezzi di trasporto, i servizi sociali, le forme di comunicazione, i consumi. Può essere dunque il mezzo per creare un mondo anche più giusto ma allo stesso tempo c’è il rischio, se non governata, "partecipata", che si traduca in uno strumento di esclusione e acuisca le disuguaglianze già esistenti.
Come tutti i salti tecnologici anche l’innovazione digitale tende infatti a dividere la società (giovani e anziani, consumatori e investitori, occupati e in cerca di lavoro) tra chi ne è partecipe e chi ne è escluso, chi ne è protagonista e chi la subisce. Per evitare che venga gestita solo dai più «forti» il sindacato è chiamato a una svolta, un salto anche culturale tale da assecondare il processo di cambiamento partecipandovi e non subendolo passivamente. Solo così l’innovazione digitale potrà tradursi in benefici per chi lavora, per i nuovi lavoratori. Gig economy (lavoretti a chiamata) e sharing economy (condivisione di beni e servizi), per fare un esempio, separano tra loro fisicamente, contrattualmente e socialmente i lavoratori che le creano da quelli che le applicano. Si amplificano sacche di sfruttamento, assenza di diritti.
Nel lavoro non è più sufficiente il sistema contrattuale consolidato nella seconda metà del Novecento. I sentieri per l’avvenire suggeriscono di arricchirne i contenuti, valorizzando ciò che le macchine non possono fare, cioè creatività, autonomia, empatia, pensiero critico; redistribuire il lavoro in modo che tutti abbiano diritto a un lavoro dignitoso, progettare nuovi lavori per i bisogni che nasceranno nel territorio e nella domanda di nuovo welfare e allo stesso tempo ricucire le ferite dei ultimi trent’anni che hanno ridotto i redditi da lavoro e la protezione sociale, facendo esplodere le disuguaglianze. Dal 1980 il prodotto interno lordo mondiale è triplicato ma la quota di reddito da lavoro è costantemente dimiuita e il 50% delle persone opera in formne di lavoro precario, il 40% fatica a sopravvivere, senza diritti, protezione sociale, assistenza, mentre circa 45 milioni sono in uno stato di lavoro forzato o schiavitù. Per cogliere anche le opportunità che offre la rivoluzione digitale la contrattazione «dovrà giocare di anticipo», il sindacato dovrà essere in grado di «partecipare» al cambiamento. L’innovazione digitale produce un lavoro più differenziato, amplificando e non limitando gli apporti del singolo e rendendo più vaghi i confini tra autonomia e dipendenza della prestazione.
Per il sindacato si apre una stagione in cui nei bisogni e diritti collettivi si devono trovare spazi di affermazione individuale delle esigenenze e delle condizioni di lavoro. Occorreranno contratti collettivi ma anche contratti capaci di cogliere le mille sfaccettature personali del lavoro innestate dall’innovazione digitale. L’iniziativa della Cgil vuole offrire uno strumento per affrontare tutti questi problemi e lo fa fornendo anche un ricco e prezioso glossario di 65 parole chiave (algoritmo, beta test, etc) che riassumono il linguaggio di questa nuova rivoluzione industriale.