Sesto Fiorentino, chiuso definitivamente il campo nomadi / VIDEO e FOTO

Sopralluogo al campo di via Madonna del Piano

Da sin., Marzio Mori, Camilla Sanquerin e Lorenzo Falchi (foto Germogli)

Da sin., Marzio Mori, Camilla Sanquerin e Lorenzo Falchi (foto Germogli)

Sesto Fiorentino (Firenze), 12 novembre 2019 - Era nato circa 35 anni fa come zona di sosta e transito per i nomadi diventando poi stabile con l’arrivo di famiglie dalla ex Jugoslavia negli anni Novanta, ora il campo rom di via Madonna del Piano a Sesto Fiorentino ha chiuso definitivamente i battenti.

I nuclei presenti (nel 2016 al momento dell’inizio del piano di dismissione erano 12 per un totale di 75 persone, la metà delle quali minori) hanno infatti via via lasciato l’area della cosiddetta Polveriera, all’interno del polo scientifico universitario di Sesto, per raggiungere altre destinazioni nell’ambito di un percorso di progetti di inclusione sociale portati avanti dall’Amministrazione sestese e finalizzati al superamento dell’esperienza.

«I progetti, realizzati in collaborazione con Caritas che ringraziamo - ha spiegato questa mattina l’assessore alle Politiche sociale Camilla Sanquerin durante un sopralluogo al campo nomadi ridotto ad un cumulo di macerie - sono di diverso ordine e strutturati in base alle esigenze delle famiglie: in alcuni casi è stato offerto sostegno sotto forma di alloggio temporaneo o di contributo alle spese per accedere ad alloggi del mercato privato. Questi interventi, contenuti entro i tre anni, sono però accompagnati anche da azioni di aiuto nella ricerca di un posto di lavoro stabile. In alcuni casi le famiglie ci hanno chiesto di appoggiarsi a altri nuclei che abitavano in contesti territoriali diversi, in Toscana o anche in altre regioni italiane, e il contributo è andato a questo scopo. Tre, quattro nuclei familiari sono rimasti a Sesto, uno è stato inserito in un alloggio Erp secondo una vecchia graduatoria».

I costi che il Comune sosterrà per la sistemazione degli ex residenti nel campo rom sono di 210mila euro in tre anni. Spese che non contemplano però la bonifica dell’area, ancora in corso da parte di Alia, che dovrà essere pagata dall’Amministrazione: sono già state rimosse ben 80 tonnellate di rifiuti e materiali vari ma, come emerso eloquentemente nel sopralluogo di ieri, alcune baracche sono ancora da abbattere e ci sono automezzi (auto, camper roulotte evidentemente danneggiate) e cataste intere di rifiuti da rimuovere. Per ora sono state 235 le ore di lavoro portate a termine da Alia ma ci sarà ancora molto da fare.

Durante la bonifica dovrà essere verificata anche l’eventuale contaminazione del terreno che poi, al termine di tutte le operazioni, sarà restituito al Demanio civile: una delle ipotesi è che l’area possa ospitare, in futuro, il polo per l’archiviazione documentale per la pubblica amministrazione.

«La chiusura del campo - ha spiegato il sindaco Falchi - era un obiettivo del nostro programma di mandato e lo abbiamo raggiunto senza clamori e rispettando l’impegno preso nel 2016. Mentre c’è chi, invocando le ruspe, si limita al massimo a spostare sul Comune vicino le situazioni di marginalità e fragilità offrendo non soluzioni che gravano ancora sulle comunità».

 

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