Buche, scalini e scivoli ’dimenticati’ Zig zag tra le barriere architettoniche

Dalle chiese inaccessibili alle strade impossibili da attraversare: le zone ’vietate’ ai portatori di handicap

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di Andrea Mucci

Dalle vetuste vie del centro storico – certo affascinanti, ma assai poco funzionali – alle strade di quartieri più ’ariosi’ e moderni come Novoli o Bellariva. Firenze, amata in ogni angolo del mondo per la sua storia unica e irripetibile e per i suoi favolosi capolavori artistici, a quanto pare deve macinare ancora tanti chilometri in termini di sostenibilità e di abbattimento delle barriere architettoniche.

Infatti, nonostante il premio ‘Città accessibile 2021’ assegnatole dalla Commissione Europea, è sufficiente gironzolare un po’ per i nostri quartieri per rendersi che tanto ancora c’è da fare per semplifcare la vita ai portatori di handicap. A Firenze – come in tante città italiane - sono ancora tante le problematiche sul tema dell’accessibilità e non solo per vincoli dovuti all’antica origine del tessuto urbanistico. Nonostante gli sforzi dell’amministrazione comunale, infatti, non c’è ancora una pratica consolidata di pronta eliminazione degli ostacoli fisici che, quando rilevati, devono essere abbattuti il prima possibile.

Uno scivolo ad un marciapiede – la cui mancanza è la barriera più comune, insormontabile e pericolosa in ogni zona, da Gavinana all’Isolotto - richiederebbe ben poco lavoro, ma ad oggi ancora le procedure sembrano piuttosto lunghe. Quali allora le criticità di una burocrazia che in Italia uccide i diritti e non è d’esempio per cittadini talvolta mancanti di senso civico, come nel caso delle soste selvagge?

Girando per la città si nota la frequente mancanza di scivoli sui marciapiedi davanti alle strisce pedonali. Talvolta lo scivolo si trova soltanto ad un’estremità della strada, cosicchè chi è in carrozzina, giunto al lato opposto, non riesce a salire, rimanendo in pericolo sulla carreggiata. Un’operazione semplice come fare il ‘becco’ ad un marciapiede è ancora nel 2022 nelle nostre città un’impresa “complessa”.

Pensiamo poi alla presenza nel nostro territorio di opere inadeguate alla fruizione per tutti: esempio eclatante è il sottopasso ferroviario del cavalcavia di Piazza Alberti, frequentatissimo in quanto ’passaggio’ fra due rioni molto popolosi, il Madonnone e Campo di Marte, e impraticabile per chi ha difficoltà motorie permanenti o temporanee o per chi guida un passeggino. Ancora, basta inoltrarsi nelle più importanti strade commerciali – una su tutte via Gioberti – o nel centro storico per accorgersi che in moltissimi negozi che affacciamo sui marciapiedi gli accessi presentano uno scalino che, anche se in molti casi non è troppo alto, non a tutti consente l’ingresso.

Avvicinandosi al salotto buono del centro un dubbio ci sorge spontaneo: quando mai in città avremo tutti i monumenti e le chiese accessibili a tutti? Esempio: se i cittadini vedono finalmente praticabile il loggiato della Santissima Annunziata in piazza San Marco, nella basilica, non entrerà se non accompagnato da qualcuno in grado di sollevare chi ha una disabilità, una persona che si sposta in carrozzina. E se gli Uffizi sono accessibili a tutti non lo sono molti musei o edifici pubblici.

Altro tema spinoso è quello della manutenzione stradale: in centro le frequenti buche nel ciottolato e gli avvallamenti costituiscono un grave pericolo poiché le ruote possono restare ’intrappolate’. Un esempio classico è piazza Brunelleschi. Evidentissima poi la penuria dei cosiddetti semafori ‘intelligenti’. Forse dare ogni tanto un’occhiata agli assetti urbanistici di tante città del nord Europa non guastrebbe.

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