
Sono seduti vicino, stretti in una platea composta da avvocati, politici locali, cittadini interessati al tema. Si parla di "Casi di malfunzionamento del sistema giudiziario" alla Misericordia di Empoli: Antonio Scimmi e Carlo Iannelli si alzano, prendono coraggio, si fanno forza e portano la loro testimonianza. Quella di due padri che hanno perso i figli e che aspettano ancora che sia fatta giustizia. Il caso di Giovanni Iannelli, ciclista pratese di 22 anni morto nel 2019, dopo essere andato a sbattere contro un pilastro di mattoni durante una gara ciclistica semi professionistica, è archiviato. Si è riaccesa la speranza, invece per la famiglia di Sara Scimmi, la 19enne che nella notte del 9 settembre 2017 fu trovata senza vita, dopo essere stata travolta da un mezzo pesante a Castelfiorentino, ai bordi della 429. Il caso viene riaperto dalla Procura di Firenze. È a chiusura dell’incontro promosso dall’associazione La Rivincita in collaborazione con la sezione Lega Empoli e Vinci e il Dipartimento Giustizia e Antimafia Lega Toscana, che Scimmi lancia un appello. "Prima o poi la verità salterà fuori. Ho sempre avuto fiducia e continuerò ad averne. Abbiamo lottato e sempre creduto nella giustizia. Mi rivolgo, da qui, al nuovo pm Ester Nocera: che vada fino in fondo e faccia il lavoro per il quale è stata assegnata. Una ragazza andava a divertirsi e non si sa perché non sia mai tornata a casa, sono 5 anni che aspettiamo. Non ci fermiamo".
Cinque duri, interminabili anni. Anni di attesa e di inferno per la famiglia Scimmi. Anni fatti di stanchezza "e di urla - dice Antonio Scimmi - Sono sfiduciato per come è andata fino ad oggi ma spero che la riapertura delle indagini rappresenti la svolta giusta, attesa". A combattere in nome di Sara oggi è la sorella Giulia. "C’è lei per noi - dice babbo Antonio col groppo in gola - Cosa mi manca di Sara? Tutto. Avevamo un legame speciale, noi due. Era molto attaccata a me, identica a me anche caratterialmente. Una ragazza tranquilla che non ha mai dato un problema. Quella sera maledetta l’avevo sentita alle 21 ed è stata una delle poche volte in cui non sono andato a prenderla. Il pensiero mi tormenta. Ci passo tutti i giorni dalla 429, vivo una quotidianità alla quale non mi rassegnerò mai. Deve essere fatta giustizia".
Ylenia Cecchetti