Uzbekistan: nuove opportunità per le aziende toscane

A parlarne l'analista Leonardo Comucci. Venerdì 11 dicembre il Business Forum online organizzato dai Ministeri degli Esteri italiano e uzbeko per la presentazione degli strumenti finanziari e fiscali in supporto agli investitori

Leonardo Comucci

Leonardo Comucci

Firenze, 7 dicembre 2020 - Sembrano aprirsi prospettive d'investimento concrete in Uzbekistan per diverse classi di aziende del nostro territorio. A parlarcene è l'analista Leonardo Comucci, da anni promotore delle relazioni economiche tra l'Uzbekistan e il nostro paese, nonché fautore dell’Accordo di Amicizia e Gemellaggio che lega Firenze a Samarcanda «L'Uzbekistan è un paese in rapido sviluppo che offre prospettive interessanti per l’esportazione di macchinari, componentistica e impianti in molti settori, a partire dall'Oil & Gas. Ma anche opportunità di investimento in loco, che godono di incentivi interessanti». Dottor Comucci, quale è la situazione economica in Uzbekistan e perché le nostre aziende dovrebbe avere interesse ad investire là? «Con l’eccezione di questo 2020, in cui il PIL non crescerà a causa della pandemia da COVID-19, l’Uzbekistan ha visto un decennio di aumenti del PIL superiori al 5% annui, con picchi dell’8%. Questo perché l’Uzbekistan, dal momento dell’indipendenza, ha dato vita ad un coraggioso piano di sviluppo, portato avanti ora con grande concretezza dal presidente Shavkat Mirziyoyev. Un piano che può contare su una popolazione giovane composta da 33 milioni di abitanti, in costante aumento e con un sistema scolastico diffuso di ottima qualità fino al livello universitario. Inoltre sono in atto investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nella digitalizzazione. I costi delle materie prime, dell’energia e della mano d’opera sono molto competitivi e gli investimenti esteri rilevanti, anche grazie ad una accorta politica di incentivi e privatizzazioni. Inoltre, il Governo incoraggia lo sviluppo di una classe di piccoli imprenditori privati, che presto rappresenteranno la vera struttura produttiva del paese. I settori più dinamici in questo contesto generalmente positivo sono quelli legati all’estrazione del gas e al suo utilizzo in impianti petrolchimici; all’estrazione di minerali tra cui rame, uranio, oro, argento; alla coltivazione del cotone e suo utilizzo in impianti tessili; all’agroindustria; alle produzioni industriali (250.000 auto prodotte all’anno); alle centrali elettriche, alle costruzioni e alle infrastrutture, specialmente quelle legate allo sviluppo vorticoso del turismo. L’Uzbekistan è diventato una meta nuova anche per il turismo italiano, capace di apprezzare la cultura e i paesaggi di quella che è considerata la perla dell’Asia, con le sue città ricche di storia, tradizioni e antichissimi monumenti, come Samarcanda, Bukara e Khiva». Qual è la situazione delle imprese italiane che hanno già investito in Uzbekistan? «Devo dire che hanno saputo inserirsi molto bene nel Paese. Quelle che esportano e lavorano in Uzbekistan molto attive e in continuo aumento: da 169 milioni di euro nel 2018 sono passate a 320 milioni nel 2019. Vorrei citarne alcune. La Danieli che ha acquisito vari importanti contratti nel settore degli impianti siderurgici, dall’acciaieria ai laminatoi a caldo e a freddo. La Pietro Fiorentini, che da anni lavora in Uzbekistan e che ha recentemente acquisito un contratto per la fornitura di componenti per innovativi contatori gas, che prevede consegne continuate per vari anni. Questo progetto è uno straordinario esempio di partnership che ha portato alla creazione green field di una società di produzione uzbeka di 400 dipendenti, che riceve i componenti tecnologici, aggrega parti costruite localmente, esegue l’assemblaggio fino al collaudo finale, il tutto in un tempo record anche per l’Europa. Inoltre nel paese operano la Comau -che ha fornito linee automobilistiche per la produzione di 350.000 motori auto- varie società di ingegneria, come Techint, TechnipFMC, Wood (exFoster Wheeler), Maire Tecnimont, Italferr, e fornitori di macchinari e prodotti, come Leonardo, Cannon, Mapei e altre ancora. Vorrei anche ricordare la presenza prestigiosa del Politecnico di Torino, che ha contribuito a fondare la Turin Polytecnic University di Tashkent, dove si alternano oltre 40 professori italiani ogni anno. Questa Università privata accoglie 1300 studenti che studiano in inglese su programmi di ingegneria italiani. Accanto ad aziende che hanno acquisito contratti di grandi dimensioni, vi sono tante altre aziende medio piccole molto attive e che raccolgono ordini in vari settori come quelli delle concerie e del trattamento delle pelli, del meccano-tessile, degli impianti per le cantine vinicole e per il trattamento del latte (produzione di yogurt e formaggio), della fornitura di macchine agricole, dell’ingegneria per impianti idroelettrici, del settore del gas ed altri ancora. Molti imprenditori sono attivissimi e riservati, per cui spesso si muovono anche autonomamente. E così scopriamo che esportano prodotti del settore della moda – e la Toscana è in prima linea - dell’oreficeria, del mobile, della farmaceutica e piante ornamentali o per i settori ortofrutticoli. E dal punto di vista degli investimenti? «Come investitori gli italiani sono meno attivi rispetto a turchi, coreani, cinesi ma anche tedeschi, americani e perfino spagnoli. Non mancano però esempi positivi di imprenditori italiani che hanno creato centri di produzione in Uzbekistan. Vorrei ricordare la CNH Industria e la Toscana Nastri di Prato che, da quasi dieci anni, produce in Uzbekistan nastri trasportatori per vari settori tra cui quello tessile che poi esporta in tutto il mondo. I medi e piccoli imprenditori italiani devono guardare all’Uzbekistan, non solo per esportare i loro prodotti, ma per creare basi operative. Magari inizialmente solo per l’assemblaggio di componenti fabbricati in Italia, ma il mio consiglio è che prevedano in un secondo momento anche centri di produzione veri e propri dove massimizzare la quota locale e vendere nel mercato uzbeko e nei mercati vicini, inclusi Kazakhstan e Russia, che contano 200 milioni di consumatori, godendo fra l’altro di ottime agevolazioni fiscali e corridoi preferenziali dal punto di vista doganale verso gli importanti mercati delle nazioni confinanti». L’Uzbekistan è tra i principali produttori mondiali di cotone e risulta che stia investendo per modernizzare e diversificare l’agricoltura. Quali prospettive per le tecnologie agroalimentari italiane nel mercato uzbeko? «L’Uzbekistan è ancora un grande produttore di cotone, anche se la produzione è stata ridotta in questi ultimi anni per dare più spazio alla coltivazione di prodotti ortofrutticoli. Il Paese si è posto l’obiettivo di cessare l’esportazione di cotone e di potenziare invece la propria produzione di prodotti finiti a maggior valore aggiunto. Attualmente le esportazioni di prodotti tessili superano il miliardo e mezzo di dollari, ma nei programmi del governo è previsto un forte incremento. Si punta molto allo sviluppo di un sistema moda uzbeko, come elemento trainante della produzione ed esportazione di prodotti tessili. Vi è sicuramente molto spazio per le nostre aziende pratesi per la vendita di macchine per il settore meccano-tessile, ma anche per ottimi investimenti diretti. I programmi di crescita e modernizzazione dell’agricoltura, a cui recentemente la World Bank ha contribuito concedendo un prestito mirato di 500 milioni di dollari, aprono molte prospettive per le aziende italiane, sia per la creazione di centri agricoli integrati verticalmente, (dalla coltivazione alla conservazione fino alla commercializzazione), sia per la fornitura di impianti per la lavorazione dei prodotti agricoli o dell’allevamento. Penso ad esempio al latte, ai succhi, alle conserve, alle marmellate, dove l’Italia è leader riconosciuto. C’è poi una prospettiva interessantissima per le aziende vitivinicole. Il governo uzbeco ha infatti deciso di concentrare i suoi sforzi per favorire la produzione di vino cambiando anche la cultura del popolo orientato storicamente alla consumazione durante i pasti della vodka. Verranno impiantati migliaia di ettari di vite e le nostre aziende toscane potranno essere in prima linea anche per sfruttare le potenzialità di consumo del mercato interno uzbeco e quello vicino e più ricco russo». In conclusione, quale messaggio va dato alle imprese toscane che pensano di investire in Uzbekistan? «Che stiamo parlando di è un Paese molto interessante, che offre opportunità reali per le esportazioni dei nostri servizi, tecnologie e prodotti. Come in tante attività, per avere successo occorre un buon know-how ed una buona conoscenza della realtà locale. Il Ministero degli Esteri italiano e il Ministero degli Investimenti e degli Esteri uzbeco, con il supporto delle Ambasciate dell’Italia e dell’Uzbekistan, hanno organizzato un Business Forum venerdì 11 Dicembre che sarà possibile seguire on line all’indirizzo https://www.iubf20.ambrosetti.eu con una presentazione proprio degli strumenti finanziari e fiscali in supporto agli investitori».  

Caterina Ceccuti