I cinque anni d’oro di Mps spa. La strategia Spaventa e l’opa su Bam

Periodo ’96-2000: l’acquisizione di Banca Agricola Mantovana ma anche l’addio del presidente sfinito dalle tensioni interne

Luigi Spaventa

Luigi Spaventa

La seconda puntata sulla guerra dei trent’anni all’ombra di Rocca Salimbeni tocca il periodo 1996-2000, il quinquennio contrassegnato dalle acquisizioni di altre banche da parte del Monte dei Paschi, in ossequio alla strategia del polo aggregante federativo, voluta dal presidente Luigi Spaventa. Sono gli anni del primo consiglio d’amministrazione del Monte, visto che la deputazione è il termine coniato per gli organismi amministrativi della Fondazione. La vera erede, nonostante sia un parto della banca madre, del fu istituto di diritto pubblico. Bastano le prime nomine per capire che il partito Stato, allora Pds, nonostante il monopolio del potere di scelta, era talmente spaccato al suo interno, che dovette intervenire l’allora ministro del Tesoro Ciampi per sanare la frattura e scegliere un presidente di peso per la terza banca italiana, l’ex ministro Luigi Spaventa. Che durò poco, si stancò subito delle faide senesi, ebbe il tempo di ribattezzare il sindaco Piccini «un Sali Berisha», allora presidente dell’Albania, e poi lasciò la presidenza a Pierluigi Fabrizi per andare alla Consob. Sono gli anni dell’opa lanciata per acquisire Banca Agricola Mantovana e l’ingresso sulla Rocca dei capitani coraggiosi come Emilio Gnutti.

Siena, 4 novembre 2021 - Il quinquennio d’oro del Monte dei Paschi di Siena, l’anno magico per i conti e per l’appeal della banca più antica del mondo, è quello dal 1996 al 2000, con la prima metà del 1999 come stagione irripetibile. Banca Mps è diventata una società per azioni, cambiano anche le secolari etichette degli organismi dirigenti. La deputazione non c’è più, arriva il primo consiglio d’amministrazione. Così come il provveditore lascia la poltrona al direttore generale, con l’idea di trasformare la carica in amministratore delegato. Ma basta guardare la prima tornata di nomine, che non toccano più al Tesoro, al Comune e alla Provincia, ma alla deputazione generale della Fondazione Mps (16 membri, 11 nominati da Comune e Provincia, che mettono bocca anche sulle scelte del volontariato e della Camera di Commercio) per capire che le battaglie hanno solo cambiato terreno di scontro, non la veemenza dei duelli. 

Il 21 maggio 1997 la Fondazione nomina primo presidente della Banca spa Luigi Spaventa, già ministro del Bilancio e deputato. Una scelta di altissimo profilo, fatta direttamente dall’allora ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi. Che mise fine a un rovente braccio di ferro tra le due anime del Pds locale: quella provinciale-governativa che avrebbe voluto Silvano Andriani, già deputato Mps, come presidente. E quella ’comunarda’, guidata dal sindaco Pierluigi Piccini, che puntò su Gilberto Gabrielli, allora direttore generale di Abn Amro Italia, il colosso olandese che incrociò poi il Monte nell’affare Antonveneta. Intervenne Massimo D’Alema, non ancora premier ma vertice del Pds, che richiamò all’ordine Piccini e il presidente della Provincia Starnini, e impose Spaventa. Che fu nominato dalla deputazione presieduta da Giovanni Grottanelli de’ Santi. 

Di Luigi Spaventa al vertice della Rocca si ricorda la definizione della strategia di ’polo aggregante federativo’, con il Monte che avrebbe dovuto crescere per cerchi concentrici, alleandosi con altre banche di uguali o minori dimensioni. E l’etichetta di ’Sali Berisha’ che affibbiò al sindaco Piccini. Poi un pranzo con il ministro Ciampi a Villa Scacciapensieri, prima del Palio di agosto 1997. Spossato dalle faide senesi, lasciò il Monte nel 1998 per diventare presidente della Consob, dove rimase fino al 2003. 

Al suo posto Comune, Provincia e Governo trovarono l’intesa sul professor Pierluigi Fabrizi, bocconiano, senese del Bruco e tifoso della Robur. Fabrizi sarà il protagonista del terzo lustro del Monte. Ma era lui al vertice della Banca che a fine 1998 lanciò l’Opa sulla Banca Agricola Mantovana, la prima acquisizione della spa. La rotta verso Mantova maturò dopo la doccia fredda della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto che, nonostante fosse alleata del Monte, rifiutò le avances di Siena. Fabrizi e il direttore generale Divo Gronchi avevano bisogno di un’acquisizione per mettere a frutto il capitale disponibile della banca. Puntarono sulla Bam, una popolare con migliaia di soci tra allevatori, agricoltori e industriali di uno dei triangoli più ricchi della pianura padana. Partì una trattativa estenuante, fatta di rilanci, fino ad arrivare all’offerta di 35mila lire per azione, per avere il 70% del capitale della Bam, più 25mila lire per un restante 15%. Il 20 febbraio 1999, sotto un tendone allestito vicino al casello di Mantova sud, andò in scena l’assemblea dei soci Bam. Che con il 58% dei sì, aderì all’Opa di Siena.

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