MANUELA PLASTINA
Cronaca

Violenza sulle donne, allarme in Toscana: sempre più minorenni chiedono aiuto ai centri

La presidente di Artemisia chiede il coinvolgimento del Parlamento: "Dobbiamo richiamare i giovani in questa vera e propria battaglia sociale. Mancano i contributi pubblici: le spese coperte neppure a metà"

Firenze, 11 gennaio 2024 – “Non possiamo abbassare la guardia e dobbiamo coinvolgere sempre più i giovani nella lotta alla violenza alle donne e all’infanzia. Non possono esistere, in questo settore, divisioni politiche: sono temi trasversali da tenere al centro dell’attenzione di tutti". Elena Baragli lo ha ribadito in Parlamento: la presidente di Artemisia Aps che col suo centro antiviolenza opera principalmente a Firenze e nella città metropolitana, è stata convocata in audizione dalla rinnovata commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio che ha cambiato vertici, ma non obiettivi: combattere la violenza, con un focus particolare per i prossimi mesi su quella economica.

Baragli è stata convocata con altre associazioni che fanno della prevenzione e della tutela delle donne e delle vittime di maltrattamenti la loro mission. Ha portato a Roma con sé gli ultimi dati emersi sia a Firenze che in tutta la Toscana: mostrano un fenomeno che non tende a diminuire. "Da gennaio a ottobre 2023 si sono rivolte all’associazione 1015 persone tra adulti e minorenni – ricorda la presidente di Artemisia –, con un incremento dell’11,3% rispetto allo stesso periodo del 2022. Di questi, 803 erano donne con violenza in atto (+3,6%), 36 adulti e adulte per violenze subite durante l’infanzia e 93 di minorenni che hanno subito maltrattamenti o abusi sessuali (+40,9%)".

La crescita di casi su minori, che può apparire particolarmente preoccupante, "scaturisce da due progetti ministeriali che stiamo portando avanti tra Firenze e Prato dedicati proprio all’abuso sull’infanzia col coinvolgimento attivo di professionisti, assistenti sociali, personale sanitario, docenti. Hanno permesso di fare emergere casi che altrimenti sarebbero rimasti sommersi".

Tra i giovani deve aumentare la conoscenza e la sensibilizzazione, anche sulla scia della terribile morte di Giulia Cecchettin. "La notizia del suo assassinio – conferma Elena Baragli – ha smosso molte coscienze: sono aumentate le chiamate al numero antiviolenza 1522; tanti ragazzi, anche nelle scuole, ci hanno chiamato per chiedere di parlarne; abbiamo ricevuto donazioni inattese nel suo ricordo e iniziative di raccolte fondi, come per esempio il concerto di un gruppo musicale dedicato alle nostre attività. Tanti giovani poi ci hanno chiesto come diventare volontari e inizieremo quanto prima un corso specifico anche per avviare un nuovo modo di comunicare con loro, nuovi strumenti, magari proprio attraverso la musica".

La rete antiviolenza in Toscana è fitta e variegata, con tante case rifugio e numerose associazioni molto diverse tra loro, sia per dimensione territoriale che per attività svolte. I dati anche dell’ultimo triennio dimostrano che il fenomeno della violenza è vasto e coinvolge per lo più italiane (rappresentano il 70% dei contatti arrivati ad Artemisia) con gli autori di violenza per lo più di ambito familiare: nel 51-55% è il partner, 25%-29% l’ex, il 17 -21% un familiare o comunque conoscente.

Solo nell’1% dei casi l’autore è uno sconosciuto. Da fare, purtroppo, non manca in tutto il territorio toscano, in linea con dati nazionali e internazionali. I fondi però non sono adeguati.

“I contributi pubblici, tra finanziamenti e convenzioni, non più sufficienti: coprono meno del 40% delle spese – dice Baragli –. Dobbiamo lavorare per trovare finanziamenti in progetti specifici, crowdfunding, donazioni per rispondere a bisogni primari. Per esempio c’è bisogno di investire nella neuropsichiatria infantile nelle cure riparative delle vittime di violenza: attualmente i percorsi non sono sufficienti, molto dilatati nel tempo, inadeguati. Ci sono bisogni inevasi. E di fronte alla violenza, non possiamo permettercelo".