Suicidio assistito, Marco Cappato si autodenuncia per la morte di Massimiliano

Dai carabinieri anche Felicetta Maltese, iscritta all'associazione e attivista della campagna Eutanasia Legale, e la giornalista e bioeticista Chiara Lalli

Firenze, 9 dicembre 2022 - In un video lanciato nei giorni scorsi su YouTube aveva espresso la sua volontà. Quella di essere "aiutato a morire a casa sua". Ieri Massimiliano Scalas, 44enne toscano, di San Vincenzo, malato da sei anni di sclerosi multipla, è morto in una clinica svizzera tramite suicidio assistito. A darne notizia l'associazione Luca Coscioni a cui l'uomo, non più autonomo, si era rivolto.

Massimiliano è stato accompagnato nel paese elvetico 'tramite un'azione di disobbedienza civile' da 'Felicetta Maltese, 71 anni, iscritta all'associazione Luca Coscioni e attivista della campagna Eutanasia Legale e da Chiara Lalli, giornalista e bioeticista': oggi entrambe si sono autodenunciate ai carabinieri di Firenze.

Con loro è presente anche Marco Cappato che, spiega l'associazione, «in questa occasione non ha direttamente accompagnato Massimiliano, ma si autodenuncerà in veste di legale rappresentante dell'Associazione Soccorso civile che ha organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano verso la Svizzera. Ad accompagnarli Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell'associazione Luca Coscioni».

«Voglio morire in Italia, accanto alla mia famiglia e ai miei amici. Sì, in Italia, nel mio Paese», aveva detto Massimiliano Ma sapeva che non gli sarebbe stato possibile finire i suoi giorni qui. Così ieri, nel giorno dell’Immacolata Concezione, Massimiliano è morto in una clinica svizzera dove già da tempo, in realtà, aveva deciso di farsi portare. 

«Ormai la mia vita è finita, non ci sono cure – ci aveva detto pochi giorni fa –. Non posso più fare ciò che amavo fare. Non ho più la manualità. Facevo il riparatore, suonavo la chitarra: tutto mi è diventato impossibile. Voglio farla finita e vorrei farlo qui in Italia, dove però non esiste una legge che disciplini il così detto ’fine vita’. Nessuna struttura può accogliermi per aiutare a morire. Ma io ho deciso. Finalmente ho raggiunto il mio sogno. Peccato che non l’ho raggiunto in Italia, ma mi tocca andare all’estero. Perché non posso farlo qui in Italia? A casa mia, anche in un ospedale, con i parenti, gli amici vicino. «No, devo andarmene in Svizzera. Non mi sembra una cosa logica questa».

Lunedì scorso Massimiliano aveva lanciato via Internet il video per raccontare la sua storia e la sua condanna, sancita da una malattia degenerativa. Sei anni fa venne intrappolato dalla sclerosi che inesorabilmente, giorno dopo giorno, gli aveva tolto il quotidiano e il futuro. Da qui la sua decisione di farla finita ricorrendo al suicidio assistito in Svizzera, dopo essersi rivolto all’associazione

Il papà aveva aggiunto: «È una sofferenza continua, giorno dopo giorno. È un suo volere, il corpo è suo, lo sente lui cosa soffre. E noi non possiamo dire di no: sarebbe solo egoismo, per farlo soffrire ancora di più». Il messaggio-appello alla politica è arrivato quando Massimiliano aveva già deciso che avrebbe varcato il confine, dov’è arrivato con un’auto a noleggio.