Strage dei Georgofili, il dovere di ricordare

A Firenze non è un gesto ripetitivo. Rintocca la Martinella di Palazzo Vecchio e la città si ferma. Altrove ci si è dimenticati, col tempo, delle stragi del 1993 e del 1994

Il luogo della strage visto dall'alto (archivio New Press photo)

Il luogo della strage visto dall'alto (archivio New Press photo)

Firenze, 26 maggio 2022 - Fece il giro del mondo. Una poesia semplice come sono i sentimenti dei bambini. Autentici, immediati, senza pregiudizi. Nadia Nencioni oggi avrebbe 37 anni, avrebbe una famiglia, figli e un compagno. Probabilmente. Avrebbe il suo armadio di esperienza e il suo cassetto di sogni, ancora da vivere. Non c'è più da 29 anni, da quella notte indimenticabile nel centro storico di Firenze. Accanto alla Grande Bellezza degli Uffizi e all'autorevolezza di Palazzo Vecchio. Nadia morì nell'attentato dei Georgofili con la sorellina Caterina di due mesi, con babbo e mamma. Pochi giorni prima aveva scritto poche parole e aveva disegnato un sole un po' malinconico su un foglio del suo quaderno. Il pomeriggio se ne va Il Tramonto si avvicina, un momento stupendo il sole  sta andando via (a letto) è già sera tutto è finito.     La famiglia Nencioni non ha più visto quel sole, Firenze inginocchiata per una notte in quel cratere di via Lambertesca ha trovato la forza di rialzarsi e di sfidare a testa alta la Mafia. Arrivata all'improvviso in una notte profumata di maggio nel cuore della città.   Sì, sono passati 29 anni. Ma chi ha Firenze nel cuore non dimentica. La memoria  29 anni fa la strage dei Georgofili. Il tritolo. Il boato. La Torre che crolla, la vita si spezza. Il fumo e le macerie.  Era il 27 maggio: le 1.04. Firenze si trovò in un battibaleno nel mezzo di una guerra, feroce, iniziata l'anno prima con l'uccisione dei magistrati Falcone e Borsellino, e nel mezzo di una trattativa tra Mafia e Stato. Fu una strage: morirono Angela Fiume e Fabrizio Nencioni, lei custode dell'Accademia e lui ispettore dei vigili urbani, morirono le loro figlie Nadia e Caterina, morì lo studente universitario fuori sede, di Sarzana, Dario Capolicchio.

Continuare a ricordare è doveroso. A Firenze non è un gesto ripetitivo. Rintocca la Martinella di Palazzo Vecchio  e la città si ferma. Altrove ci si è dimenticati, col tempo, delle stragi del 1993 e del 1994, che non furono solo quella di Firenze. Esplose un'autobomba a Roma in via Fauro ai Parioli il 14 maggio, poco dopo il passaggio del giornalista Maurizio Costanzo che rimase illeso, e altre due bombe, quasi in contemporanea il 27 luglio, in San Giovanni in Laterano a Roma e in via Palestro a Milano, con quattro vittime e una dozzina di feriti. Il 28 luglio un altro ordigno, sempre a Roma, davanti alla chiesa di San Giorgio al Velabro, con un'altra ventina di feriti. Ci furono pure due attentati falliti: il 23 maggio 1994 vicino allo stadio Olimpico a Roma e il 14 aprile lungo una strada da dove di solito passava il collaboratore di giustizia Salvatore Contorno. Erano gli anni della strategia delle tensione mafiosa.

"Spero un giorno di poter scoprire tutta la verità" ha detto Luigi Dainelli, presidente Associazione dei familiari delle vittime della strage dei Georgofili, pochi giorni fa in occasione di un'iniziativa a Palazzo Vecchio in ricordo della strage del 27 maggio 1993. «Per noi non esiste un anniversario, tutti i giorni è un dolore che si rinnova e che non finirà mai - ha aggiunto -. Sento dire che bisogna ricordare i 30 anni nel 2023, in tanti si butteranno su questa commemorazione anche perché ci sono le elezioni politiche: persone che magari non rivedremo mai più. Per questo dico che per noi non esiste anniversario".

Le indagini non si sono fermate. Sono andate avanti a strappi. Verità ancora avvitate ai misteri d'Italia. Se si parla di indagini e della strage dei Georgofili è doveroso ricordare anche chi ci ha messo anima, cuore e testa per scavare tra le macerie e mettere al bando omertà e silenzi. Gabriele Chelazzi morì 19 anni fa, il 17 aprile 2003, a  59 anni, gli ultimi dieci dei quali interamente votati alle indagini sui responsabili sulla campagna di morte voluta certamente da Cosa Nostra, ma forse anche da altri 'concorrenti esterni'. Prima come pubblico ministero a Firenze. Poi, dal '98, come applicato alla procura nazionale antimafia. Chelazzi era in magistratura dal 1975 e aveva cominciato come sostituto procuratore a Milano. Tornato a Firenze, la sua città natale, si dedicò in particolare alle indagini sul terrorismo rosso (condusse le indagini sull'omicidio dell'ex sindaco Lando Conti, ucciso dalle Brigate Rosse in un agguato sulla via Faentina, e riuscì ad ottenere quattro condanne) e poi alle stragi mafiose. Era di turno d'urgenza la notte dell'attentato del 27 maggio. Dal dicembre del 1993 un altro investigatore entrò in campo con lui per cancellare ombre sulla strage dei Georgofili: Michele Giuttari. Insieme per non dare tregua ai killer e ai mandanti.

Giovanni Maria Flick, giurista, politico ed ex ministro ha ricordato più volte: "La memoria individuale e collettiva ha il compito di mantenere vive le coscienze, nel sentimento e nella ragione, rispetto a certi eventi: per evitare la loro rimozione e l’indifferenza, per scongiurare la possibilità del loro ripetersi; ha il compito di contribuire  a formare l’identità individuale e collettiva, a orientare le nostre scelte. La giustizia invece attraverso la ricostruzione dei fatti, ha il compito di accertare le responsabilità individuali. Vi è quindi, fra memoria e giustizia, un dato comune: ricostruire la realtà e fissarne il ricordo; trarre un giudizio di valore nei confronti dei fatti e delle persone". Firenze aspetta definitiva giustizia e ricorda alimentando la memoria.

Firenze, come all'indomani dell'Alluvione di Firenze, mostrò dolore e orgoglio. Non si vergognò a piangere i morti e a curare le ferite dell'arte colpita, ma gonfiò il petto, pronta alla sfida contro il nemico invisibile e vigliacco che aveva lasciato un Fiorino imbottito di esplosivo nel cuore della città. Riempì le piazze (centomila persone in piazza Santa Croce per dire 'No alla mafia'), si inchinò davanti alle bare, si commosse e si mise in fila per aiutare gli Uffizi a rialzarsi. Il coraggio di non fermarsi mai e di lasciar scendere le lacrime ogni volta che arriva quella notte. Era di maggio. Indimenticabile.