"Racconto la fisica in modo semplice con i miei monologhi"

Parla la fisica e divulgatrice scientifica Gabriella Greison in occasione della Giornata Internazionale delle donne e le ragazze nella scienza

Gabriella Greison con la foto usata durante lo spettacolo teatrale "Monologo Quantistico"

Gabriella Greison con la foto usata durante lo spettacolo teatrale "Monologo Quantistico"

Firenze, 11 febbraio 2021 - Donne scienziate, studentesse che scelgono un percorso universitario nel campo della scienza, ricercatrici. Oggi si celebra la Giornata Internazionale dedicata a loro, alle donne e alle ragazze nella scienza. Che sono ancora troppo poche. Lo dice a gran voce un report diffuso dall’associazione mondiale no-profit di “500 Women Scientists”, di cui esiste un distaccamento dell’omonima associazione qui in Toscana, che vede impegnate un gruppo di giovani ricercatrici dell’università di Firenze e Pisa. E proprio le ricercatrici in tutto il mondo sono meno del 30 per cento. Solo il 24 per cento di loro riesce ad arrivare in vetta. Stesse percentuali anche in Italia. Eppure non manca l’impegno e la voglia di emergere come ci racconta Gabriella Greison, fisica e divulgatrice scientifica che ha voluto rivoluzionare il modo di raccontare la fisica. Per questo ha scritto libri, ha collaborato con testate giornalistiche, radiofoniche e televisive e ha deciso di raccontarla anche a teatro con i suoi monologhi. Il primo, che è stato replicato più di 500 volte, è “Monologo quantistico” in cui, partendo da una foto, in cui compaiono ventinove tra i fisici più famosi della storia, racconta i dettagli più curiosi su di loro. Gabriella si ricorda se c’era una donna nella foto? Si, l’unica ovviamente era Marie Curie. Come mai le scienziate italiane oggi faticano ad arrivare in alto? Ancora oggi alle donne viene fatta una guerra: c’è un maschilismo che agisce su due fronti, uno più palese e l’altro nascosto, ed è imperante. Si fanno organizzare i convegni alle donne e poi nella maggiorparte dei casi sono sempre gli uomini a parlare perché considerati più autorevoli. Lo vediamo dai panel dove sei nomi su sette sono di uomini. La fisica d’altronde in passato è sempre stata uno svago maschile, non certo femminile. Come mai hai scelto fisica nucleare? Sono sempre stata attratta non tanto dalla fisica delle galassie o dalle stelle ma da quella che studia l’infinitamente piccolo. Mi piaceva Paul Dirac, Werner Karl Heisenberg, perché erano i miei miti. E poi vedevo che era un ambito prettamente maschile e non capivo come mai ci fossero così poche donne. Quindi l’ho scelto anche un po' per ribellione e per senso di rivalsa. Sei stata un cervello in fuga perché per due anni sei andata a Parigi. Poi sei tornata. Come mai?

Perché volevo raccontare la fisica in maniera semplice, come già facevano in America e in Francia, e soprattutto comprensibile come poi ho fatto anche tramite i miei monologhi teatrali. In Italia non c'erano fisici che raccontavano storie, quindi ho cercato di farlo io. All’inizio non ce l’ho fatta a farlo perché mi vedevano troppo giovane e quando proponevo qualcosa mi rispondevano sempre “mettiti in coda” e “abbiamo fatto sempre così. Che messaggio vuoi mandare alle ragazze che vogliono intraprendere un percorso nel mondo della scienza? Di fuggire via appena qualcuno gli dice quello che mi sentivo dire io e di evitare di stare con chi non le fa fiorire. Ti è capitato di subire qualche ingiustizia? Ti racconto un aneddoto che mi è capitato. Al mio rientro dopo essere stata all’ Ècole polytechnique di Parigi ho iniziato il mio lavoro di divulgatrice scientifica collaborando con diverse testate giornalistiche, programmi televisivi e radio. Quindi il mio nome ha iniziato a girare. Un giorno il mio ex referente all’ Ècole mi chiama e mi dice che uno scienziato italiano di un centro di ricerca rinomato aveva scritto loro per chiedere se era vero che io ero stata all’ Ècole polytechnique. Non credo che avrebbe fatto lo stesso se fossi stata un uomo. Fortuna che ha risposto il mio ex referente. C’è un modello a cui ti sei ispirata? Certo, sono “Le sei donne che hanno cambiato il mondo” che è anche il titolo di uno dei miei libri in cui parlo di sei scienziate (Marie Curie, Lise Meitner, Emmy Noether, Rosalind Franklin, Hedy Lamarr e Mileva Maric che rappresentano un po' tutte noi come un puzzle. A seconda dell'umore sono una di queste donne che hanno combattuto battaglie ancora più dure. Quando mi sento bella e ho bisogno di apparire mi sento Hedy Lamarr, quando lotto duramente mi sento Lise Meitner e così via. 

Come è cambiato il mondo della scienza dopo questa pandemia?

Ho visto che c'è stata una presa di coscienza generale sull'importanza della ricerca scientifica e le università si sono attivate per creare dei percorsi di laurea più brevi in maniera tale da preparare i ragazzi e buttarli nel mondo del lavoro. Superando l'idea obsoleta di dover fare anni e anni di dottorati e precariato, senza vedere la luce. 

Qualche ricordo legato a Firenze e alla Toscana?

Sono venuta spesso in Toscana dove tra l’altro ho portato in scena “Monologo quantistico” varie volte. L’estate scorsa inoltre sono andata a trovare Dixie a Firenze.  Sostengo da sempre il made in Italy per questo indosso anche abiti con il loro marchio. 

Prossimo progetto?

Insieme alla produzione Imarts abbiamo fissato per il 24 aprile il debutto al teatro di Salsomaggiore di un nuovo spettacolo tratto dal mio ultimo libro "Ucciderò il gatto di Schrödinger", sperando che le condizioni generali ce lo permettano. E spero con tutto il cuore di fare tappa anche a Firenze e in Toscana.

Sei stata una delle ultime a intervistare Margherita Hack...

Sì ed è stata una bellissima esperienza. Ricordo che lei era sempre presente nelle scuole perché sosteneva tanto i ragazzi nelle loro proteste contro il Miur. Mi ha ispirata e mi ha spinto a fare la stessa cosa. Ad essere vicina ai giovani e agli insegnanti. 

 

Ludovica Criscitiello