ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Pronto soccorso, arriva il facilitatore, la figura antidoto contro le violenze

In quindici strutture di emergenza sarà presente per agevolare la comunicazione tra pazienti e sanitari. Investimento di un milione e mezzo. Un anno di sperimentazione per umanizzare la trincea ospedaliera

Dottori preparano la sala operatoria di un pronto soccorso (foto repertorio)

Dottori preparano la sala operatoria di un pronto soccorso (foto repertorio)

Firenze, 16 luglio 2025 – Viene da chiedersi se sia una sconfitta o una vittoria la necessità di introdurre nei pronto soccorso della Toscana la figura del facilitatore per gestire le difficoltà di comunicazione tra personale sanitario e pazienti e ridurre la conflittualità, che troppo spesso sfocia in violenza verbale e anche fisica contro gli operatori della salute.

Manca personale, i pronto soccorso sono sotto organico, ma medici e infermieri che vogliano lavorare in trincea non si trovano. Difficile trattenere anche quelli che ci sono. Il personale è stressato, la gente esasperata dalle attese e gli ospedali si trasformano in ring.

Dunque? La Regione Toscana, con una delibera approvata ieri dalla giunta su proposta dell’assessore al diritto alla salute Simone Bezzini, introdurrà in via sperimentale — per un anno — la figura del facilitatore in quindici pronto soccorso.

“L’intervento nasce per prevenire e contrastare gli atti di violenza e per stimolare e indirizzare le aziende sanitarie verso una cultura della disponibilità, dell’accoglienza e della comunicazione tra operatori e cittadini – spiega il governatore toscano Eugenio Giani – Mentre, per promuovere la conoscenza e sensibilizzare al fenomeno della maleducazione e dei comportamenti incivili, sarà necessario che le aziende rafforzino idonei mezzi di comunicazione e informazione all’utenza”.

Il quadro della situazione è tracciato in diverse indagini dellAnaao-Assomed (il sindacato dei medici ospedalieri più rappresentativo), che evidenziano come le aggressioni siano spesso legate a sovraffollamento, lunghi tempi d’attesa e carenza di comunicazione. Una recente revisione della letteratura scientifica sottolinea l’importanza di azioni mirate all’utenza, come migliorare la comunicazione, informare e coinvolgere i pazienti.

Ma chi è il facilitatore? Non è un operatore sanitario, ma una figura formata in comunicazione empatica, gestione dei conflitti e delle emozioni, tecniche di de-escalation, norme sanitarie di base, aspetti psicologici e sociali legati all’utenza.

Il suo ruolo è duplice: fare da ponte tra pazienti, familiari e operatori sanitari, offrendo informazioni e supporto, e prevenire l’escalation della tensione in situazioni critiche. L’obiettivo è migliorare l’accoglienza, ridurre l’ansia, abbassare il rischio di comportamenti aggressivi, rendere il pronto soccorso un luogo più umano e sicuro.

Nel primo anno di sperimentazione, con un finanziamento da un milione e mezzo di euro (dal fondo sanzioni vincolato a interventi per la sicurezza nei luoghi di lavoro), il facilitatore sarà attivo nei 15 pronto soccorso toscani con il maggior numero di accessi: 24 ore a Careggi, Pisa, Prato; 12 ore al giorno negli altri 13 pronto soccorso principali (Misericordia Grosseto, Versilia, SS. Giacomo e Cristoforo Massa, Riuniti Livorno, San Jacopo Pistoia, San Giuseppe Empoli, Arezzo, Le Scotte Siena, San Luca Lucca, Lotti Pontedera, Ponte a Niccheri Firenze, Torregalli Firenze, Santa Maria Nuova Firenze); 12 ore da giugno a settembre negli ospedali turistici (Cecina, Piombino, Orbetello, Portoferraio).

“Si tratta di una misura concreta, frutto del confronto serrato con aziende sanitarie e sindacati, che può essere utile a facilitare le relazioni tra utenti e personale sanitario nei pronto soccorso e a prevenire eventuali tensioni”, dice l’assessore Bezzini.

Una cabina di regia regionale, coordinata dalla responsabile della Prevenzione Giovanna Bianco, supervisionerà il progetto, coordinerà la formazione e valuterà i risultati. Al termine dell’anno si deciderà se rendere la figura del facilitatore permanente, in base all’impatto registrato sulla riduzione delle aggressioni e sul miglioramento del clima nei pronto soccorso.

Ma resta la domanda: siamo di fronte a un modello da esportare o al segnale definitivo di un sistema in totale emergenza?