Dialogo tra i giovani di Rondine a Palazzo Vecchio: “Oggi si spezza l’odio. Un mondo diverso è possibile”

Il fondatore della Cittadella, Vaccari: dialogo tra giovani russi e ucraini e tra israeliani e palestinesi. A Firenze l’iniziativa-testimonianza con la direttrice di Qn, Agnese Pini

Progetto Rondine. A Palazzo Vecchio dal conflitto al confronto: "Giovani russi e ucraini insieme per la pace" (Foto NewPressPhoto)

Progetto Rondine. A Palazzo Vecchio dal conflitto al confronto: "Giovani russi e ucraini insieme per la pace" (Foto NewPressPhoto)

Firenze, 24 aprile 2024 – Firenze apre le porte di Palazzo Vecchio a Rondine, cittadella della pace, per un messaggio forate e chiaro. Il nemico non è l’altro, ma è la guerra. E’ nel saper convivere, rispettando l’altro, il segreto della pace. E se all’interno di un confine geopolitico questa convivenza non trova spazio, come le guerre in atto dimostrano, lo trova tra le mura di Rondine, borgo alle porte di Arezzo.   

"Rondine è un francobollo nel mondo dove si interrompe la catena dell’odio” ha detto il presidente Franco Vaccari. Mura che non separano, semmai aggregano e uniscono. All’interno delle quali si condivide la quotidianità e con essa gesti, abitudini, emozioni. È qui che trovano la via tanti giovani che arrivano dai teatri di guerra. È il caso di Noam, Loai, Sabina e Kateryna, prova tangibile che la convivenza e la pace tra israeliani e palestinesi, russi e ucraini non solo è possibile, ma è una via percorribile. Come quella che i quattro hanno percorso per raggiungere Rondine. Arrivati separati, con il cuore a pezzi e l’orrore negli occhi, oggi camminano insieme, guardando verso un futuro più luminoso. 

La cittadella della pace già nel pieno della guerra russo-ucraina e all’inizio del conflitto in Medio Oriente aveva in mano un ideale impegno del sindaco Dario Nardella, in quell’occasione pronto a spalancargli piazza della Signoria per una manifestazione nella quale dar voce a chi non ne ha o a chi viene sovrastato dal rumore delle bombe.

E oggi quell’impegno è stato mantenuto. Nel Salone dei Cinquecento la direttrice Agnese Pini ha dialogato con i giovani di Rondine accendendo un faro sulla loro sfida. Con la consapevolezza che parlare di pace, in un momento in cui i loro paesi sono in guerra, è più difficile di quanto si possa credere. 

“Un evento storico, che abbiamo inseguito e voluto – ha aggiunto il sindaco di Firenze Dario Nardella – Oggi si spezza l’odio e lo facciamo con la voce dei giovani che dimostrano che un mondo diverso è possibile. Lo facciamo tra l’altro in un luogo di grande carica simbolica”. 

Cosa hanno detto i giovani di Rondine

Noan, giovane israeliano: “Gli ultimi mesi sono stati un incubo senza fine, la strage del 7 ottobre per noi israeliani era una cosa mai vissuta, è stato uno shock che ha rotto qualcosa dentro di noi e ha fatto risvegliare traumi e paure esistenziali. Le immagini di quel giorno continuano a torturarmi, i pensieri mi perseguitano. Quello che arriva da Gaza è morte e distruzione e anche questo mi tormenta. Oggi israeliani e palestinesi non sono in grado di provare empatia, di vedere l’altro come un essere umano, di sentire il dolore dell’altro e questo è il dramma della guerra”.

Loai, giovane palestinese: “Il dolore nasce da una sofferenza, da una perdita. La sofferenza può essere causata dal destino o dall’egoismo umano. Quando si parla di dolore, la storia ne è piena. Ci sono sempre state persone perseguitate. Negli ultimi 76 anni c’è sempre stato dolore e negli ultimi 201 giorni c’è una ferita aperta. Il 7 ottobre ho sentito subito empatia per gli israeliani, ho sentito cosa si prova a vedere uccise persone innocenti, ma non so se anche loro condividono questa empatia da 76 anni. Questo dolore non lo auguro a nessuno”.

Sabina, arrivata dalla Russia nel 2022: “Quando tutto ha avuto inizio non capivo la situazione. Non potevo immaginare. Quando sono arrivata a Rondine ho capito il dolore degli ucraini. Quello che proviamo noi non è paragonabile, ma soffriamo anche noi. Il popolo ne paga le conseguenze“.

Kateryna, arrivata dall’Ucraina nel 2022: “La grande guerra che la Russia ha iniziato due anni fa ha portato ferite profonde e quelle visibili sono le città distrutte, le vite interrotte. Ma ci sono anche ferite non visibili che ci distruggono pian piano dall’interno. Nel mio dizionario non c’erano parole per descrivere questa esperienza. Non è dolore, non è tristezza, non è paura…è qualcosa di molto di più”.