La 'ndrangheta dietro al Keu, nuova raffica di indagati

Nuovo capitolo nello scandalo dei rifiuti conciari, adesso coinvolte anche aziende di Arezzo

Firenze, 24 novembre 2022 - Nuova raffica di indagati e nuove ipotesi di reato nell'ambito dello scandalo Keu, dal nome del rifiuto derivante dallo scarto delle lavorazioni conciarie. Un terremoto che si estende anche ad aziende del distretto orafo di Arezzo e che tanta paura ha suscitato nei residenti dell'Empolese e della Zona del Cuoio pisana e fiorentina per i timori di contaminazione ambientale legati alla gestione dei rifiuti derivanti dalle lavorazioni industriali. 

La sostanza nociva ritrovata in alcuni terreni e nel bitume di alcune strade
La sostanza nociva ritrovata in alcuni terreni e nel bitume di alcune strade

Il legame con la malavita organizzata

La Procura distrettuale antimafia di Firenze ha preparato due avvisi di conclusione indagini per due procedimenti collegati fra loro che tra l'altro hanno fatto emergere legami con la 'ndrangheta.

Il primo procedimento riguarda dodici indagati fra iqualiesponenti della cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro), un dipendente della Regione e imprenditori. Secondo le indagini infatti ci sarebbe una propaggine ndranghetista che stava creando un monopolio nel trasporto dei rifiuti inerti nella zona del Valdarno aretino. Nell'indagine emerge anche un'ipotesi di corruzione e una di estorsione ai danni di un imprenditore di origine calabrese. Minacce e violenze sarebbero stati all'ordine del giorno nel tentativo di estromettere  o assoggettare alle proprie strategie altri operatori del settore.

L'altro procedimento riguarda ventisei indagati tra imprenditori, esponenti politici e dirigenti di enti pubblici per associazione a delinquere finalizzata alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e l'inquinamento ambientale, oltre alla corruzione anche in materia elettorale e l'indebita erogazione di fondi pubblici, falso e impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. Mossa anche la contestazione riguardo la responabilità degli enti per illecito amministrativo da reato commeso dai propri direttori, rappresentanti e preposti. Il cuore di questa indagine riguarda la gestione dei rifiuti, in particolare dei reflui e dei fanghi industriali prodotti nel distretto conciario fra le province di Pisa e Firenze.

Tremano le associazioni

L'ipotesi investigativa è quella dell'esistenza di un sistema che coinvolgerebbe anche l'Associazione Conciatori e i singoli coinsorzi: sarebbero stati consapevoli, secondo l'ipotesi, di far parte di un circuito definito "collaudato e strutturato" tanto che i soggetti di vertice comparirebbero anche nelle compagini societarie o amministrative delle società coinvolte. Un sistema che anziché assicurare il riciclo pressoché integrale dei rifiuti prodotti portava allo smaltimento illecito e pericoloso.

Il filone aretino

L'indagine ha fattio emergere nuove ipotesi di reato e nuovi indagati anche fuori dalla Zona del Cuoio: si tratta di due aziende della provincia di Arezzo che operano nel settore della gestione dei rifiuti provenienti dalle lavorazioni del distretto orafo che, come nel caso del keu, sarebbero state gestite in maniera criminale. Le scorie pericolose sarebbero infatti finite nell'impianto di Bucine per essere mischiate al Keu e poi essere interrate o destinate a siti esterni in modalità non consentite. Le due indagini - quella del filone conciario e quella del filone orafo - sono collegate perché i flussi dei rifiuti nel mirino degli investigatori finivano tutti nello stesso impianto di produzione di materiali inerti per poi essere venduti come materie prime.

L'inquinamento

L'indagine ha fatto emergere una prassi inquietante pericolosa per l'ambiente: i rifiuti pericolosi e le ceneri dei fanghi contaminati sarebbero stati declassificati per farli figurare come recuperabili nella lavorazione di materiali inerti per l'edilizia nonostante contenessero elementi come cromo a elevatissime concentrazioni negli scarti conciari e arsenico, boro e selenio in quelli orafi. I terzi che ricevevano quegli inerti, ignari di tutto, li usavano come materie prime in terreni agricoli, fondazioni per attività edili, ripristini ambientali, strade, aeroporti.

Le indagini della Dda fiorentina sono state svolte con più articolazioni dei carabinieri di Firenze: forestali, Noe, Ros e la sezione di Pg presso la Procura.