Finta colf con tanto di contratto. Ruba i soldi e si compra l’auto

Pontedera, va a processo per truffa a una coppia di anziani

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Crespina (Pisa), 28 dicembre 2017 -  UN CONTRATTO «tarocco» da colf presentato all’Inps per richiedere competenze non corrisposte per circa 900 euro, prelievi sistematici sul conto postale dei suoi assistiti e infine anche l’intestazione ai due ignari «nonni» di un finanziamento per comprarsi una Passat del valore di 25mila euro. La Procura della Repubblica di Pisa contesta tutto questa a Zahra Jamai, 31enne marocchina che è sotto processo, assistita dall’avvocato Giulio Parenti di Pontedera, per furto e truffa aggravata dall’età e dalla patologia delle persone che si erano affidate alle sue cure.

La storia, in fase dibattimentale nell’aula penale del giudice monocratico Paola Giovanelli, arriva da Crespina dove la badante accudiva una coppia di coniugi. Un rapporto andato avanti per tre anni, dal febbraio 2012 a maggio 2015 nei quali la marocchina – secondo il teorema accusatorio – oltre che agli anziani si è dedicata in particolar modo ai loro risparmi. Ogni bimestre l’imputata, stando alla Procura (sostiene l’accusa il pm onorario Massimiliano Costabile), si presentava all’ufficio postale di Crespina e con una delega per operare sul conto ritenuta falsa dagli inquirenti, così come le firme dei titolari del deposito postale, ritirava somme variabili dai mille ai 2mila euro. Un prelievo sistematico le cui somme, appunto, per l’accusa, sarebbero finite per lo più nelle tasche della 31enne. Non contenta, stando a quanto appurato dalle indagini, la Jamai nell’aprile 2015, si presentò all’Inps di Pisa con una documentazione con una firma ritenuta falsa della pensionata per la stipula di un contratto di lavoro come colf per un mese.

La truffa, in questo caso, sarebbe consistita nell’indurre in errore l’ente di previdenza sulla sussistenza di un rapporto di lavoro per il quale chiedeva - alla pensionata - di essere pagata 890 euro.

Episodi che la difesa punta a smontare nel dibattimento, sostenendo che la delega sul conto postale c’era, e non falsa, e che quel contratto all’Inps sarebbe stato concordato con gli anziani per regolarizzare la posizione della donna. In questa storia non manca nulla, neppure il «giallo»: oltre quello dei soldi che sarebbero spariti dai conti c’è anche quello della macchina scomparsa in Marocco. Si tratta della Passat che la badante avrebbe acquistato nel 2012 – quindi all’inizio del rapporto con la coppia – in una concessionaria di Porcari (Lucca) intestando il finanziamento, esibendone carta d’identità e tessera sanitaria, al pensionato. Una macchina che prese la strada del Marocco dove, per questioni di immatricolaziomne ed altre vicende sulle quali hanno operato le autorità locali, il mezzo è risultato essere stato messo sotto sequestro. Ma il finanziamento, invece, è rimasto a nome del pensionato.

La querela contro la badante scattò a seguito delle verifiche sui conti della coppia da parte di chi la seguiva. Il processo è solo all’inizio e, oltre l’imputata, per la difesa il testimone chiave da sentire è quello che accese il finanziamento per l’acquisto dell’automobile, così come il processo dovrà accertare l’autenticità della delega sul conto postale e se gli importi prelevati corrispondevano alle somme consegnate ai pensionati. Ma c’è anche un’ultima accusa dalla quale la badante deve difendersi: furto con destrezza del libretto postale dei suoi assistiti. In questa storia ci sarebbero tutti gli ingredienti del copione classico della truffa. Resta solo da provarla in tribunale.

Carlo Baroni