Espianto di fegato “a cuore fermo”, la prima volta al San Jacopo di Pistoia

La generosità della famiglia di un uomo in coma irreversibile dopo un arresto cardiaco e l’intervento di più équipe

Pistoia, 19 marzo 2024 - Per la prima volta all’ospedale San Jacopo di Pistoia è stato effettuato il prelievo di un organo (il fegato) da un donatore deceduto dopo arresto cardiaco. L’espianto a cuore fermo è innovativo, sia per la complessità di esecuzione, sia perché apre ulteriori prospettive nei pazienti in attesa di organo.

La dottoressa Lucilla Di Renzo, direttrice sanitaria del presidio, dice: “Ringraziamo sentitamente i familiari perché hanno compreso che le vite di tantissime persone sono legate alle donazioni e oggi il nostro ospedale ha raggiunto un importantissimo traguardo anche grazie all’elevatissima collaborazione che si è realizzata tra più strutture e più professionisti, per portare a buon fine una procedura che consente di dare speranza a chi è in lista d’attesa per un trapianto".

Il team medico infermieristico: da sx dietro Marco Mangini e Giuliano Michelagnoli; davanti da sx: Chiara Gasperini, Giovanna Bracciotti, Chiara Biagini e Katia Parenti
Il team medico infermieristico: da sx dietro Marco Mangini e Giuliano Michelagnoli; davanti da sx: Chiara Gasperini, Giovanna Bracciotti, Chiara Biagini e Katia Parenti

L’intervento è, infatti, frutto del lavoro di squadra tra più équipe. La Terapia Intensiva-Rianimazione, diretta dal dottor Giuliano Michelagnoli, ha avviato il percorso nel paziente con coma post anossico segnalando il caso al Coordinamento locale donazioni organi e tessuti, che ha organizzato l’intervento del Team di medici e infermieri dell’Azienda di Careggi responsabile dell’avvio della circolazione extracorporea (Ecmo Team).

Il paziente era stato ricoverato in rianimazione per un arresto cardiaco e conseguente coma post anossico, con danni cerebrali irreversibili. Decisa la desistenza dalla cure intensive e confermata poi, insieme con la famiglia, la volontà del paziente di donare gli organi, il giorno prestabilito è stato accompagnato dai medici e infermieri della rianimazione in sala operatoria. Qui, dopo l’arresto cardiaco, è iniziata la circolazione extracorporea, che sostituendosi alla funzione cardio-respiratoria ha permesso di ripristinare perfusione e vitalità degli organi addominali.

“Nel caso specifico - ha spiegato Michelagnoli - questa tecnologia ha permesso di tenere perfuso e ri-ossigenare il fegato poi prelevato dall’équipe dei chirurghi del centro trapianti”.

Il coordinamento locale, composto dal direttore, dottor Eufrasio Girardi e dall’infermiera di coordinamento, hanno segnalato al Centro Regionale Trapianti il donatore e organizzato l’attività delle diverse unità operative ospedaliere locali. Hanno infatti collaborato insieme il Laboratorio di analisi, diretto dalla dottoressa Alessandra Gelli, il personale della rianimazione del blocco operatorio e della Radiologia (diretta dalla dottoressa Letizia Vannucchi), insieme con l’Ecmo Team di Careggi. La famiglia del donatore è sempre stata in contatto con il dottor Girardi e costantemente informata dell’evoluzione del processo.

La donazione dopo la “morte cardiaca” o a “cuore fermo” (DCD) può essere eseguita solo con la disponibilità dell’Ecmo, un macchinario uguale a quello donato recentemente all’Ospedale di Pistoia dalla Fondazione Caript per la cura dei pazienti con arresto cardiaco refrattario. Il dottor Girardi ha sottolinea che “L’aspetto relazionale con le famiglie nel contesto donativo e il loro coinvolgimento attraverso informazioni continue e puntuali in tutti i tipi di donazione sia di organi, come in questo caso, ma anche di tessuti è il presupposto fondamentale per creare quel clima di fiducia e di affidabilità necessario anche a noi sanitari per poter lavorare con ancor più motivazione”.

“E’ stato un risultato importante, sia dal punto di vista medico, che umano - ha aggiunto Michelagnoli - soprattutto pensando che è la prima volta che questo avviene a Pistoia. I nostri medici rianimatori, tra cui in particolare le dottoresse Chiara Gasperini e Giovanna Bracciotti, insieme con l’equipe infermieristica della rianimazione e del blocco operatorio si sono formate per questo tipo di percorso e tutti hanno messo una gran cura e attenzione perché si potesse realizzare. Ringrazio anch’io in particolar modo la famiglia del donatore, che ha dimostrato fin da subito una particolare consapevolezza e determinazione a dar prova nei fatti di senso etico e di solidarietà sociale”.