Stop in Toscana ai certificati per tornare in classe. Spariscono anche al nido

Il dottor Valdo Flori, segretario regionale della Fimp, la Federazione italiana medici pediatri, spiega cosa cambia

L'uscita di una scuola (Foto di repertorio)

L'uscita di una scuola (Foto di repertorio)

Firenze, 22 marzo 2023 - Sparisce dal 23 marzo, in Toscana, l’obbligo del certificato medico per la riammissione a scuola dopo assenze superiori ai cinque giorni. Un provvedimento annunciato e in linea con quanto previsto in altre regioni italiane, ma con una novità: lo stop all’obbligo varrà anche per gli asili nido, che inizialmente erano stati esclusi dal provvedimento. A spiegare cosa accadrà Valdo Flori, segretario regionale della Fimp, la Federazione italiana medici pediatri. Perché questo passaggio? «Di fatto il certificato di riammissione dopo assenza per malattia era diventato un atto formale, che creava solo disagio ai genitori che lo dovevano richiedere. Ma la presenza di una legge nazionale era un ostacolo all’abolizione della certificazione: ora la normativa è cambiata. Anche il gruppo di lavoro della Conferenza Stato-Regioni considera il certificato di scarsa utilità, dato che le malattie infettive sono spesso contagiose in fase d’incubazione, piuttosto che dopo la comparsa dei sintomi».

Com’è la situazione italiana? «Di fatto prima della Toscana già 9 Regioni avevano abolito la certificazione: per prime Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino, Alto Adige, Liguria e Umbria. Nel 2018 si era aggiunto il Lazio, ora la Toscana» La certificazione viene abolita in ogni situazione? «No. La certificazione è dovuta se interessa pazienti residenti nelle Regioni in cui non è stata abolita, ma anche in situazioni specifiche previste da normative nazionali. Per esempio, se si presentasse ora una situazione pandemica tipo Covid, ci sarebbero sicuramente direttive nazionali che obbligherebbero a ripristinare il certificato».  La novità riguarda tutte le scuole? «Inizialmente, basandosi sul fatto che i nidi non fanno parte delle scuole ma dei servizi educativi, era stata prospettata l’ipotesi che qui non fosse applicabile. Una nota della Regione ha chiarito definitivamente la problematica estendendo la norma anche ai nidi: anche qui quindi non servirà il certificato». Qualcuno teme che venga meno il controllo sulle malattie infettive… «È assolutamente falso: quale controllo fanno le scuole, se non quello di raccogliere i certificati? Si tratta di un’azione burocratica che complica l’attività del medico e soprattutto la vita del cittadino. Bisogna ricordarsi che le misure più efficaci per prevenire la diffusione delle malattie infettive sono la vaccinazione e le ordinarie misure igienico-sanitarie di profilassi (lavaggio accurato delle mani con acqua e sapone, ventilazione delle aule ecc.). Il controllo si fa poi con la notifica delle malattie infettive, che rimane come obbligo per il medico curante, con la conseguente segnalazione all’Asl. Sarà poi il servizio di sorveglianza della Asl che potrà percepire eventuali rischi». Secondo lei ci sono altre certificazioni da abolire? «Sì. La battaglia contro la burocrazia inutile continua: è mai possibile che un bambino con un arto ingessato o con una medicazione debba avere un’apposita certificazione per frequentare la scuola? Forse si pensa che la presenza di un certificato sia utile per ridurre la responsabilità degli insegnanti in caso di incidenti. Ma non è così: in effetti la raddoppia!».