Una vita sulla balaustra: trionfi e cadute, il film su Vittorio Cecchi Gori

Dagli Oscar al carcere, tra grandi successi e incredibili disastri. Una pellicola racconta la storia di Cecchi Gori

Mario e Vittorio Cecchi Gori

Mario e Vittorio Cecchi Gori

Firenze, 18 febbraio 2021 - Una vita sempre sulla balaustra, sempre col rischio di cadere. In paradiso, all’inferno e ritorno, un sacco di volte. Pensi alla sua vita. E vedi tre Oscar, Batistuta che segna, Troisi che ti guarda malinconico. Benigni nella Firenze del ’400, e la Marini vestita di rosso come Jessica Rabbit. E Verdone in accappatoio bianco, che guarda Firenze dall’hotel e mormora: "Non riesco a individua’ ‘o stadio!".

La vita di Vittorio Cecchi Gori è fatta anche di questo. Ha prodotto alcuni dei più grandi successi del cinema italiano, e ha legato il suo nome ad alcune pagine esaltanti e altre drammatiche della storia della Fiorentina. Produttore, presidente, uomo politico: tre vite in una. Tutte prese, appallottolate, gettate. E recuperate, all’ultimo tuffo.

Ora un film racconta queste tre vite. Non un’inchiesta: un racconto intimo, a volte poetico. Si chiama "Cecchi Gori. Una famiglia italiana", ed è da poco su Now tv. Il film, di Marco Spagnoli e Simone Isola, ci porta a casa sua. Ciak, Vittorio racconta.

Non è una puntata di "Report", non ci sono verità giudiziarie. Ma verità umane. Intervistato con Maria Grazia Buccella, l’attrice sua fidanzata negli anni ’60, Vittorio si lascia sfuggire: "Era così bella la vita…". In tanti parlano di lui. Carlo Verdone ha l’aneddoto più fulminante.

«Alla cerimonia del suo matrimonio con Rita Rusic, io e Montesano eravamo i testimoni", ricorda. "Tutti vestiti di nero, impettiti. Vittorio ci vede con la coda dell’occhio. E mentre il prete sta parlando, viene da noi e dice: ragazzi, ho avuto un’idea! Mi sembrate due carabinieri! Il giorno dopo eravamo nel suo ufficio a preparare il film".

Il film segue Vittorio in un suo ritorno a Firenze, qualche mese fa. In piazza del Duomo, in tanti gli chiedono i selfie. Una signora gli chiede "come si sente?", come si chiederebbe a un figlio che ci fa preoccupare. E in fondo, è ciò che è stato, per la città che lui continua ad amare. Torna al Franchi sotto braccio a Antognoni. Vittorio vede la balaustra e dice, candido: "Ma prima era più larga, no?". No, Vittorio, è sempre quella. "Ma allora a salirci ero un pazzo!". Eh.

È stato amato e odiato . Ha passato giorni con la vita appesa a un filo, in coma dopo l’ischemia nel 2017. Ha guai con la giustizia da vent’anni, da un’irruzione della polizia diventata famosa, con lo "zafferano" in cassaforte. Ma questa non è un’inchiesta. È il ritratto di un uomo, del garbuglio di una vita. Che lui vede con lucidità: "Non è facile andare da palazzo Borghese a Regina Coeli". Lo senti, è sincero. E quando parla dell’affetto che aveva per Troisi, senti che è vero, non c’entrano soldi o cinema. "Nella vita se ti capita di uscire con Benigni e Troisi è il massimo. Io ho avuto questa fortuna".