
Carlo Verdone (Acerboni / FotoCastellani)
Pistoia, 5 ottobre 2019 - «Sono emozionato e commosso, è la prima volta che vengo a Pistoia eppure mi avete riservato un'accoglienza come ad un vecchio amico». In tantissimi infatti hanno preso posto nell'auditorium Terzani della biblioteca San Giorgio per l'incontro con Carlo Verdone nell'ambito del festival di cinema Presente Italiano di cui il regista romano è ospite speciale di questa quinta edizione.
In biblioteca Verdone è stato intervistato da Roy Menarini, docente di cinema dell'Università di Bologna e da Ilaria Floreano di Bietti Edizioni che pubblica la rivista Inland, diretta da Claudio Bartolini, che ha dedicato questo numero proprio al grande autore italiano.
Si è parlato ovviamente di cinema, dei quarantadue anni di carriera, «che non sono pochi in un tempo come il nostro in cui non è facile resistere e perdurare visto che tutto si consuma a gran velocità», ha sottolineato il caratterista romano. Una carriera di cui non cambierebbe niente, «dopotutto, gli inciampi, gli scalini saliti male mi sono serviti per affrontare con maggior grinta e con più spirito la sfida successiva. D'altro canto un regista, soprattutto di commedia, deve tener conto che il suo prodotto sarà fruito da un pubblico pagante, l'opera che ne deve risultare è quindi un compromesso tra ciò che l'autore vuole esprimere e ciò che il pubblico si aspetta».
Verdone infatti è un autore che si è sempre adoperato per non rifilare mai lo stesso film al pubblico, ha sempre cercato si dare una sterzata ai prodotti proposti sul grande schermo. Dopo una serie di film comici, ricchi di personaggi-caricatura ecco che arriva il film più intimo, che analizza i rapporti, in cui si ricrea una certa atmosfera, una certa intimità, in cui la risata c'è ma velata da una certa malinconia. «Si deve maturare negli anni, altrimenti rischi di fermarti del tutto e di non riuscire a fare altro», ha commentato Verdone.
L'attore nei film di altri registi e autori italiani lo ha fatto invece poche volte. Un esempio recente, molto apprezzato da critica e pubblico che ha fatto emergere il lato più malinconico e fine del regista romano e che lo ha reso un membro dell'Academy Awards – la giuria che vota per gli Oscar -, è la sua interpretazione ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino. «Spesso mi sono stati proposti ruoli da attore ma ho dovuto rifiutare – ha spiegato Verdone -, un po' per motivi contrattuali ma soprattutto perché non mi sono stati offerti ruoli interessanti per la mia carriera, per esprimere quello che sento, per esempio farei subito un bel film drammatico se mi venisse offerto, ma questo film dovrebbe avere un certo spessore ed essere vicino alle mie corde».
Infine il grande regista ha risposto alla domanda de La Nazione in cui gli è stato chiesto se c'è un tema a lui caro su cui avrebbe voluto lavorare durante la sua carriera ma su cui ancora non è riuscito ad esprimersi. «Sicuramente un tema che mi interessa molto è quello della malattia – ha detto Verdone – molti produttori hanno paura ad inserire questo aspetto della vita in un film ma tutto dipende da come lo si racconta. Mi sento pronto per fare un film di questo tipo, ho l'equilibrio giusto per affrontare una sfida del genere in quanto regista».
Senza però dimenticarsi mai della commedia, perché, come le ha detto una sua anziana fan in un bar in cui Verdone stava bevendo il cappuccino della mattina: «Lei non deve smettere di farmi ridere perché i suoi film sono il mio unico antidepressivo privo di effetti collaterali».
Nel pomeriggio, alle 17 in piazzetta dell'Ortaggio, Verdone sarà protagonista di Doctor Music: la musica secondo Carlo Verdone, un incontro che mescola cinema e musica accompagnato dal set di Coxca dj. La sera invece, alle 19 e alle 21.30, saranno proiettati al cinema Roma in via Laudesi 6 i film del grande regista romano da lui scelti per il festival Ma che colpa abbiamo noi e Posti in piedi in paradiso.