CRISTINA BELVEDERE
Cronaca

La Toscana terra di caporalato: sono 27 le aree più a rischio

Convegno della Cgil a Suvignano. La testimonianza di chi ha perso un parente nei campi

Caporalato (foto di repertorio)

Caporalato (foto di repertorio)

Suvignano (Siena), 21 ottobre 2023 – In Toscana ci sono 27 zone geografiche, aree di sofferenza per caporalato e sfruttamento del lavoro in agricoltura tra finte cooperative, caporali a partita Iva, reti interprovinciali e lavoro irregolare.

E’ emerso nell’iniziativa della Flai-Cgil toscana, organizzata nella tenuta di Suvignano sottratta alle mafie. Protagonisti dell’incontro, Stefano e Marco Arcuri, marito e figlio di Paola Clemente, la bracciante agricola morta di fatica nei campi della Puglia nel 2015, dalla cui vicenda è nata la legge 199 del 2016.

Alla presenza della parlamentare Pd Laura Boldrini, del segretario generale della Cgil Toscana Rossano Rossi, di David Bussagli, presidente della Provincia di Siena, Giovanni Sordi (Ente Terre regionali toscane), Davide Fiatti (Flai Cgil nazionale), Mirko Borselli (Flai Cgil Toscana), Cristina Arba (Dipartimento politiche di genere Cgil Toscana) e Matteo Bellegoni (Osservatorio Placido Rizzotto), gli Arcuri hanno ricordato quel terribile 13 luglio del 2015: "Mi moglie ha sempre fatto la bracciante agricola – spiega il marito Stefano –. Metteva la sveglia ogni giorno all’1 e 50, preparava l’attrezzatura da lavoro e il caffé da portare via per sè e le colleghe. Alle 3 passava il pullman. Quel giorno la destinazione erano le campagne di Andria".

E ancora: "Paola lavorava 12 ore al giorno, per 27 euro totali, era specializzata nella raccolta dell’uva. Quella mattina ha iniziato a stare male in pullman dove, nonostante l’aria condizionata, sudava in maniera anomala. Le colleghe infatti le hanno dato 4 o 5 maglie per cambiarsi durante il viaggio e, arrivata a destinazione, si è messa sotto un albero perché il malessere continuava".

Poi il dramma: "Una collega telefonò, avvisandomi che Paola stava male e dicendomi di venire a prenderla. Mi metto al volante e per strada richiamo, mi dicono che c’è l’ambulanza e che mia moglie è svenuta. Ho viaggiato per due ore e mezza, mi hanno detto che aveva avuto un infarto e così volevano chiudere la questione". Ma la famiglia non ci crede: "Ho fatto un esposto in procura e ho fatto fare l’autopsia sul corpo di mia moglie: è emerso che è morta di asfissia meccanica, cioè di fatica". Il datore di lavoro, in virtù della legge contro il caporalato approvata nel 2016, è finito a processo. Di recente è stato assolto, ma la procura di Trani ha impugnato la sentenza.

«La politica ha fatto la sua parte – dicono i familiari di Paola Clemente – approvando la legge, il sindacato ci è sempre stato vicino. Ma ora tocca alla magistratura emettere sentenze giuste. Se tutto finisce sempre in una bolla di sapone, il ’caporalato selvaggio’ è destinato a durare in eterno. Inoltre serve una rete di supporto alle famiglie". E’ il figlio Marco a spiegare il motivo: "Avevo un lavoro, ma quando si è saputo di chi ero figlio, ho dovuto andare via. Serve un aiuto concreto ai parenti di chi denuncia".

Infine un pensiero della famiglia Arcuri a Luana D’Orazio, la giovane morta nel 2021 a Montemurlo, stritolata da un orditoio: "Prego per Luana e le altre che non ce l’hanno fatta – le parole di Stefano e Marco –. Per il maledetto profitto, le aziende non hanno rispetto della vita umana. Solo sentenze giuste possono mettere la sicurezza sul lavoro in primo piano".